REDAZIONE CRONACA

Il cardinale Bassetti: "Aiutateci a curare chi soffre. E' un virus che porta solitudine" "

Il grido del cardinale Bassetti di fronte a "un nemico subdolo e mutevole"

Il cardinale Gualtiero Bassetti presiede la Conferenza dei vescovi italiani

Perugia, 11 febbraio 2021 - Invita a pregare per "chi soffre" e per gli operatori sanitari che "stanno pagando con la quarantena e con la vita la fedeltà al loro dovere". Chiede alla politica di restare unita ("Perché non è questo il tempo delle polemiche e delle divisioni") e dall’Umbria mini-zona "rossa", che sta vivendo un girone infernale a causa della pandemia, lancia un appello a tutti i medici d’Italia: "Aiutateci, la burocrazia non freni lo slancio di generosità".

E’ un messaggio toccante, di timori e speranza, quello che lancia il cardinale Gualtiero Bassetti. L’arcivescovo di Perugia e presidente della Cei, prima di Natale ha vissuto in prima persona in tutta la sua drammaticità il contagio da Coronavirus. E oggi, con l’epidemia "che in questi giorni sta affliggendo con particolare intensità la città di Perugia e la sua provincia", vuole far sentire vicinanza alla sua terra che ha bisogno di vaccini, di nuovi dottori e infermieri per risollevarsi. "In ognuno di noi c’è paura e sgomento. Ci sentiamo impotenti dinanzi a un nemico così subdolo, imprevedibile e mutevole – scrive Bassetti –. L’ospedale di Santa Maria della Misericordia è occupato al massimo delle sue capacità. Centinaia sono i ricoverati, decine dei quali in terapia intensiva. E ogni giorno tanti sono i morti. Medici e operatori sanitari sono messi duramente alla prova. Essi vengono chiamati anche ad uno sforzo supplementare di assistenza, dal momento che l’ospedale è chiuso alle visite di parenti, badanti e volontari".

Il compito dei camici bianchi oggi va oltre la medicina. "L’infezione non è soltanto una malattia – evidenzia il cardinale – È un morbo che precipita la persona in uno stato di totale debolezza e di solitudine. Penso soprattutto agli anziani, che sentono in maniera più acuta l’isolamento e la precarietà. L’opera dei medici in questo caso non è solo quella di curare, assicurando terapie appropriate, ma anche quella di segnare una presenza, un punto di riferimento e speranza". Daniele Cervino