ERIKA PONTINI
Cronaca

Il futuro della Multiutility. Passa la tesoreria coordinata. Finanziamenti per un miliardo

L’ok alla cassa condivisa votata a maggioranza nel Cda di Estra. No del presidente Macrì L’operazione a conoscenza dei sindaci-soci ma una parte del Pd storce il naso .

Il futuro della Multiutility. Passa la tesoreria coordinata. Finanziamenti per un miliardo

Francesco Macrì, presidente esecutivo di Estra

Era un’ipotesi che sembrava accantonata, insieme alla quotazione in Borsa: niente Piazza Affari - diktat del nuovo corso della politica Pd –, niente cash pooling, ovvero una tesoreria comune tra Alia-Multiutility e Estra, (di cui Alia controlla il 40% dopo la cessione delle quote della pratese Consiag mentre ha sottoscritto solo patti parasociali con l’aretina Coingas e attende il conferimento dei senesi di Intesa) per ottenere un maggiore credito verso le banche e un costo del denaro a prezzi vantaggiosi.

E invece la ‘tesoreria coordinata’, versione light del cash pooling che prevede il mantenimento dei saldi di cassa, è passata ieri a maggioranza al Cda di Estra che si è svolto a Prato con il voto decisivo del senese Alessandro Fabbrini, il no fermo del presidente Francesco Macrì e di Maria Cristina Rossi (Cda Vivaservizi di Ancona). A favore si sono espressi l’ad Nicola Ciolini e Daria Orlandi, in quota Prato. Manovra necessaria – secondo quanto emerso in Cda dai proponenti – per ottenere dal pool di cinque banche che appoggia finanziariamente la holding (e che lo aveva posto come condizione) per ottenere il finanziamento da 605 milioni, di cui 385 milioni di debiti esistenti da rifinanziare e 220 milioni di risorse fresche per nuovi investimenti. A questi andrebbero aggiunti 360 milioni sempre per nuovi investimenti ma solo a fronte dell’eventuale conferimento di Coingas, o soprattutto della senese Intesa. Passaggio non affatto semplice.

A conti fatti quasi un miliardo.

La tesoreria coordinata, insieme alle altre condizioni imposte dalle banche - secondo quanto emerge da ambienti della holding – è un processo reversibile che non prevede la ‘fusione’ di cassa ma quello che in finanza viene chiamato ‘netting’ dei saldi giornalieri e che consentirà di ottenere i finanziamenti a un minor prezzo con un risparmio di circa 8 milioni dovuto a quasi un punto in meno sullo spread.

Ma il passaggio di ieri potrebbe riaprire veleni mai sopiti intorno alla holding di servizi che si vorrebbe di respiro regionale ma che sconta interessi economico-politici che si muovono anche sull’asse Firenze-Roma e sfogano sulla Partecipata appetiti e tensioni politiche interne e esterne ai partiti, accelerate da una campagna elettorale alle porte. Qualche mal di pancia in casa Pd si respira, se il responsabile Enti locali Stefano Bruzzesi si affretta a dirsi ufficialmente “non soddisfatto“ dell’operazione. “C’erano altre strade“.

I direttori dei lavori di questa partita intricatissima, restano però i soci, ovvero i Comuni, a cominciare da Palazzo Vecchio che ha le carte in regola per impartire la linea e che erano a conoscenza dell’operazione. Detenendo il 36,8% delle quote (il resto sono Prato con il 18,5%, Empoli con il 3,4% e Pistoia con il 5,4%, oltre ad altri comuni toscani tra cui gli oppositori della Piana) Firenze è in grado di dettare l’agenda della holding. E indicare l’ad. Attualmente è il romano Alberto Irace che dovrà traghettare la regione verso una gestione unica di acqua, energia e rifiuti ma non sono certo un mistero le critiche che piovono sul suo nome soprattutto dopo le dimissioni da Estra.

Ma andiamo con ordine. Innanzitutto: cosa è il cash pooling? Tradotto dall’inglese, è una tesoreria accentrata, una sorta di cassa comune per supportare la pianificazione della liquidità e aiutare le aziende che fanno parte della holding a contare di più con il sistema bancario. Dati alla mano il fatturato di Alia si aggira sui 400 milioni, il debito netto sui 210 (mentre la Commissione controllo di Palazzo Vecchio aveva ritenuto valori differenti ritenendo che “l’indebitamento è quasi uguale al fatturato”). Estra invece, che lavora sul mercato libero dell’energia, ha un fatturato di oltre un miliardo e 100 e un indebitamento di 400 milioni circa.

Ma per ripianare debiti e avere maggiore accesso al sistema del credito si chiedeva inizialmente da parte della banche la cassa comune. Cioè trasformando i conti di Alia, Estra (e magari Publiacqua) in un unicum, di cui la capofila avrebbe avuto il controllo, cioè il portafoglio. Ma il presidente di Publiacqua Nicola Perini non ha mai fatto mistero di non volerne sapere mentre secondo altre letture semplicemente ora Publiacqua è in un momento di passaggio e quindi si tratta di un’operazione fattibile solo con la nuova concessione che sta andando a gara con regole differenti (30% al privato). Quindi, Estra. L’operazione andata in porto ieri prevederebbe, come detto, una versione più soft della vera tesoreria comune. Non abbastanza perché a una parte del Cda di Estra l’operazione sia risultata indigesta, non condivisa, in direzione opposta - dicono fonti interne - da quanto emerso all’assemblea dei soci che prima chiedevano il nuovo piano industriale e poi il new capital. Si vedrà.

Oggi intanto Cda di Alia-Multiutility.