Elettra Gullè
Cronaca

Il Mediterraneo e l’invasione di specie aliene, gli studiosi: “Tra trent’anni rischiamo anche l’arrivo di quelle dall’Atlantico”

Dal granchio blu al pesce palla, ecco chi sono i nuovi abitanti del Mediterraneo. E dallo studio del passato possiamo prevedere un (preoccupante) futuro. Ecco cosa ci dice uno studio che unisce Firenze a Napoli

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Un granchio blu

Firenze, 29 luglio 2024 - Tra una trentina di anni, con l’attuale trend di riscaldamento climatico, rischiamo di assistere ad un ritorno, nel Mediterraneo, delle specie tropicali provenienti dell’Atlantico, che però per la prima volta nella storia dell’uomo si sommeranno alle specie aliene provenienti dall’Indo-Pacifico. Insomma, il rischio è che l’equilibrio ecologico del Mediterraneo venga stravolto in modo irreversibile. È il delicato tema al centro di uno studio che unisce Firenze a Napoli. Da una parte, la docente di Paleontologia e Paleo-ecologia dell’Università di Firenze Silvia Danise, dall’altra il biologo marino Paolo Albano, primo ricercatore alla Stazione Zoologica Anton Dohrn di Napoli. Proprio dando uno sguardo al passato possiamo capire ciò che può riservarci il futuro.

Ebbene, lo studio - finanziato dal Ministero dell’Università e della Ricerca, - si è focalizzato sull’ultimo periodo inter-glaciale, avvenuto circa 120mila anni fa, “quando le temperature medie della terra erano di 1-2 gradi superiori a quelle attuali”, spiega Danise. Insomma, una situazione non così distante da quella attuale. Ebbene, in quel periodo il Mediterraneo subì un’invasione di specie aliene attraverso lo stretto di Gibilterra. Da lì arrivarono specie direttamente dalle zone di Capo Verde e del Senegal. Trovarono un ambiente adatto a loro e, dunque, colonizzarono le acque del Mediterraneo, salvo poi ritirarsi con la successiva glaciazione. “Adesso lo scenario potrebbe ripetersi - dice Danise -. Solo che l’incontro tra specie native e nuove specie tropicali, provenienti sia dall'Atlantico che dall'Indo-Pacifico, non ha precedenti storici documentati. E questo rende ancora più incerto il futuro degli ecosistemi marini del Mediterraneo”.

La prima ‘autostrada delle specie aliene’ è stata creata artificialmente con l’apertura del canale di Suez. “La costruzione della diga di Assuan ha poi significativamente ridotto l'afflusso di acque dolci dal Nilo, aumentando la salinità nel delta e facilitando l'ingresso di specie marine tropicali - prosegue Danise -. Questo fenomeno è andato di pari passo con l'aumento delle temperature marine, creando condizioni ideali per la sopravvivenza e la proliferazione di queste specie nel Mediterraneo orientale”. Non solo. Anche l’intenso traffico navale ha “contribuito all’ingresso nel Mediterraneo di diverse centinaia di specie aliene, provenienti da mari lontani di tutto il mondo”, sottolinea Albano.

Ma quali sono i nuovi abitanti del Mediterraneo? “Il granchio blu è ormai una presenza nota, così come il pesce scorpione, affascinante ma dotato di aculei velenosi, e il pesce palla, che è tossico se non trattato con estrema attenzione”, spiega il ricercatore della Stazione Zoologica Anton Dohrn. Questi nuovi abitanti stanno rapidamente cambiando il volto del Mediterraneo, il cui riscaldamento non è certo uniforme. “Mentre le temperature estive nella parte orientale possono superare i 30 gradi, in quella occidentale le temperature sono più temperate, oscillando intorno ai 27-28 gradi. Questa disparità termica significa che le specie tropicali, che entrano attraverso il canale di Suez, trovano nell'est condizioni ideali per stabilirsi e formare popolazioni permanenti”, sottolinea la docente fiorentina, che parla non tanto di competizione, quanto di sostituzione. Infatti, “le alte temperature nel Mediterraneo orientale stanno rendendo difficile la sopravvivenza delle specie native, che vengono gradualmente sostituite dalle nuove specie tropicali”. È in quell’area che si sono verificati “veri e propri collassi della biodiversità”. “Un esempio lampante è quello del Murice della porpora, un mollusco tipico del Mediterraneo, noto per essere stato utilizzato fin dai tempi dei Fenici per la produzione di pigmenti. Una volta diffusissimo, oggi è quasi scomparso dal Mediterraneo orientale. In tre mesi di ricerche, ne ho trovato solo uno”, dice Albano. Insomma, aggiunge, “stanno cambiando i connotati del bacino, visto che specie importanti anche dal punto di vista culturale stanno scomparendo”. Lentamente, il problema si estenderà ad occidente. “Ma se i cambiamenti climatici di per sé non sono una novità, il ritmo e la scala delle attuali trasformazioni sono senza precedenti - osserva il ricercatore -. Per la prima volta il cambiamento è perlopiù dovuto al fattore umano ed all’immissione di gas serra nell’atmosfera”. Ecco che un segnale di quello che potrebbe attenderci è dato dal passato. Studiando i depositi fossili dei molluschi, si scopre che per 5mila anni, durante l’ultimo periodo interglaciale che risale appunto a 120mila anni fa, le specie tropicali atlantiche hanno prosperato nel Mediterraneo. Ma a quel tempo, certo, il canale di Suez non esisteva. Per questo motivo si aprirà un nuovo inesplorato scenario, che “temo cambi in maniera sostanziale e permanente le caratteristiche dell’ecosistema mediterraneo”.