
Un'aula di tribunale (Foto d'archivio)
Pistoia, 11 novembre 2015 - SOTTOVALUTÒ la pericolosità del suo paziente che, dopo sei anni di carcere e otto di ospedale psichiatrico giudiziario per aver massacrato a sprangate la sua giovanissima fidanzata, fu inserito in una comunità evangelica dove uccise, a colpi d’ascia, il suo compagno di stanza. A quasi due anni dal delitto di Massa e Cozzile, che costò la vita al mite Massimo Tarabori, 53 anni, di Pescia, afflitto da un lieve disturbo psichico, è con questa accusa che la Procura di Pistoia, pubblico ministero Luigi Boccia, chiede il rinvio a giudizio, per omicidio colposo, dello psichiatra che aveva messo a punto il percorso di riabilitazione di Gianluca Lotti, 39 anni, condannato a trent’anni di reclusione per il suo secondo, terribile omicidio. Sotto accusa il dottor Luigi De Luca, responsabile dell’unità funzionale di salute mentale dell’azienda sanitaria pistoiese. L’udienza preliminare è cominciata ieri. I familiari di Tarabori sono parte civile e hanno chiesto la citazione in giudizio, quale responsabile civile, dell’Asl 3. In caso di condanna dello psichiatra, l’azienda pagherà i danni. L’udienza è stata rinviata. Nella notte fra il 16 e il 17 gennaio 2014, Gianluca Lotti, nella comunità «Un popolo in cammino» da pochi mesi, uccise il suo compagno di stanza con l’ascia che aveva trovato poco prima in giardino. Lo colpì nel sonno, in testa. Poi si fece la doccia, la barba e preparò la borsa per andare in carcere. Quindi chiamò la polizia e si consegnò. Aveva ucciso Tarabori perchè non lo sopportava. La perizia psichiatrica stabilì, per Lotti, la seminfermità mentale. Il difensore di De Luca, l’avvocato Luca Bisori del foro di Firenze, annuncia battaglia: «Tutte le scelte sono state oculate, graduali e prudenti. Lotti aveva sempre rispettato le regole e non aveva mai dato segni di scompenso».