Firenze, 13 aprile 2023 – Massimo Giletti, il conduttore di “Non è l’Arena”, la cui trasmissione è stata sospesa da La7, è stato sentito negli ultimi giorni per ben due volte - come persona informata sui fatti - dalla procura di Firenze nell’ambito dell’indagine in corso sui mandanti delle stragi nel continente.
In particolare il giornalista è stato ascoltato dal procuratore della Direzione distrettuale antimafia, Luca Tescaroli (lo stesso che portò avanti Mafia Capitale) e dagli investigatori della Dia diretti da Francesco Nannucci dopo che l’Antimafia fiorentina aveva ascoltato a Palermo Salvatore Baiardo, l’uomo di fiducia dei fratelli Graviano. Dal confronto, rimasto top secret, era comunque emerso che il gelataio di Omegna, avrebbe ‘tirato a indovinare’ parlando a novembre scorso a ‘Non è l’Arena’ di Giletti dell’imminente arresto dell’ultimo boss stragista Matteo Messina Denaro, dopo trent’anni di latitanza.
Quando due mesi dopo i carabinieri del Ros, diretti dalla procura di Palermo, hanno fermato il sedicente Andrea Bonafede, mentre entrava in clinica, quella previsione o profezia, è tornata d’attualità.
Ma proprio le affermazioni di Baiardo - e la dichiarata millanteria sulla cattura del boss, fatta in diretta tv con tanto di avvertimento rispetto all’inchiesta portata avanti da Giletti “lei sta rischiando a 360 gradi” - hanno persuaso l’Antimafia ad ascoltare per due volte il giornalista.
L’interesse dell’Antimafia fiorentina comunque non sarebbe stato quello di svelare la presunta bufala di Baiardo ma di indagare sul ruolo, sui contatti e sugli incontri a cui avrebbe assistito lo stesso Baiardo quando tra la fine degli anni ’80 e i primi anni ’90 nascose i boss di Brancaccio.
In seguito a quella testimonianza Tescaroli ha deciso di sentire e risentire anche il conduttore. Lo stesso ex gelataio di Omegna è stato comunque ascoltato più volte per confrontare le dichiarazioni.
Giletti ha invece smentito ufficialmente l'indiscrezione, circolata in giornata, che la sua abitazione e la redazione de ‘Non è l’Arena’ erano state oggetto di perquisizione. “E’ una notizia falsa”, si è limitato a dire il conduttore. Ma smentite sono arrivate anche dall'ambiente investigativo.
La procura di Firenze vuole verificare se ci fu una mano esterna che aveva interesse a proseguire nella strategia della tensione per destabilizzare il Paese dopo gli attentati di Falcone e Borsellino. Tutto ruota intorno all’attentato prima fallito, e poi abortito, ai carabinieri in servizio all’Olimpico, ultimo tassello di un attacco allo Stato iniziato con la bomba a Maurizio Costanzo e passata attraverso i morti di Firenze dei Georgofili: quando si voleva colpire il patrimonio artistico per piegare lo Stato e si ammazzavano anche i bambini, come le piccole Nadia e Caterina Nencioni, a cui i militari dell’Anticrimine siciliana hanno ‘dedicato’ l’arresto del boss.
La procura di Firenze, in particolare, indaga attorno alle figure di Silvio Berlusconi e Marcello dell’Utri, mai raggiunti da un avviso di garanzia (ma a conoscenza dell’iscrizione) e ai rapporti economici con i Graviano negli anni ‘70. Nelle settimane scorse l’Antimafia ha depositato al tribunale del Riesame - dopo le perquisizioni ai parenti di Graviano non indagati a caccia della ‘carta privata’ sul presunto investimento di 20 miliardi di lire del nonno, Filippo Quartararo, ed altri finanziatori siciliani, negli affari di Berlusconi - una nuova consulenza economica, dopo una analoga che venne fatta a Palermo, per verificare punti oscuri nei fondi con cui venne costituita all’epoca la Fininvest e per tracciare i soldi transitati dai conti del Cavaliere a quelli di Dell’Utri, la maggior parte giustificati come regalie.
Il contenuto del verbale di Baiardo è top secret ma il gelataio, più che attivo sul suo profilo tik tok in cui invita a riflettere sull’importanza del carcere come riabilitazione nella società e attacca i pentiti, è da sempre una figura controversa: fu lui a nascondere ‘Madre Natura’ durante la latitanza ed è sempre lui a parlare dei Graviano come di ‘ragazzi, giovani che hanno fatto fesserie’.
Nei giorni scorsi la Corte d’assise di Reggio Calabria ha confermato il carcere a vita per Giuseppe Graviano, detenuto nel carcere di Terni, nell’ambito del processo alla ‘Ndrangheta stragista sul patto tra mafie per destabilizzare il Paese.