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Infezioni e virus respiratori nei bambini: sintomi, come riconoscerli e cosa fare

Dal virus respiratorio sinciziale alla bronchiolite. La guida per capire quando andare in ospedale

Un ospedale (Foto Ansa)

Un ospedale (Foto Ansa)

Firenze, 24 maggio 2024 – La morte di una bimba di 11 mesi a Cascina riaccende i riflettori sulla problematica dei problemi respiratori nei neonati, causati da virus e infezioni varie. Vediamo in questa guida quali sono le malattie più comuni, come riconoscere i sintomi e quando andare in ospedale. 

Influenza e virus respiratorio sinciziale

A inizio dell’anno in Toscana è stato registrato un boom di virus respiratori nei bambini, con conseguente incremento degli accessi al pronto soccorso. Come spiegato dal responsabile del pronto soccorso pediatrico fiorentino, il dottor Stefano Masi, tra i primi casi riscontrati ci sono stati l’influenza e il virus respiratorio sinciziale

I campanelli d’allarme

“Quando il bimbo sotto l’anno d’età inizia a respirare più frequentemente – ci ha spiegato il responsabile del pronto soccorso pediatrico fiorentino – i genitori devono fare attenzione. Solitamente, i bambini mangiano meno, si lamentano, spesso hanno la febbre. Se un bimbo sotto i sei mesi fa più di cinquanta respiri al minuto significa che ha difficoltà respiratoria. Va dunque subito contattato il pediatra in prima battuta. La bronchiolite tipicamente comporta difficoltà respiratoria. Nelle forme più gravi c’è bisogno di ricorrere all’ossigeno ad alti flussi”. "Impossibile distinguere in base ai sintomi tra influenza e virus respiratorio sinciziale. Più i bambini sono piccoli e più hanno le vie respiratorie strette. Qualunque cosa determini la riduzione del flusso dell’aria causa lo stesso effetto. I sintomi dell’influenza sono quelli classici: febbre, raffreddore, tosse”.

Bronchiolite

Poi c’è la bronchiolite. Come si legge sul sito dell’ospedale Bambin Gesù, la bronchiolite è un'infezione virale acuta che colpisce il sistema respiratorio dei bambini di età inferiore a un anno soprattutto nei primi 6 mesi di vita con maggiore frequenza tra novembre e marzo.

Il microrganismo infettivo più coinvolto, nel 75% circa dei casi, è il virus respiratorio sinciziale (VRS) ma anche altri virus possono esserne la causa, metapneumovirus, coronavirus, rinovirus, adenovirus, virus influenzali e parainfluenzali. La fase di contagio dura tipicamente da 6 a 10 giorni.

L'infezione interessa bronchi e bronchioli, che vengono interessati da un meccanismo ostruttivo. Si innesca un processo infiammatorio, aumento della produzione di muco e ostruzione delle vie aeree con possibile comparsa di difficoltà respiratoria. Fattori che aumentano il rischio di maggiore gravità sono la prematurità, l'età del bambino (inferiore a 12 settimane), le cardiopatie congenite, la displasia broncopolmonare, la fibrosi cistica, le anomalie congenite delle vie aeree e le immunodeficienze.

La bronchiolite compare inizialmente come una febbricola con rinite. Poi possono comparire tosse insistente, che si aggrava gradualmente, e difficoltà respiratoria - più o meno marcata - caratterizzata da un aumento della frequenza respiratoria e da rientramenti al giugulo/intercostali. Il più delle volte si risolve spontaneamente e senza conseguenze. Tuttavia, in alcuni casi, può essere necessario il ricovero, specialmente al di sotto dei sei mesi di vita. In bambini così piccoli è spesso presente un calo dei livelli di ossigeno nel sangue e può osservarsi una disidratazione causata dalla difficoltà di alimentazione e dell'aumentata perdita idrica determinata dal lavoro respiratorio. Inoltre, nei pazienti nati prematuri o di età inferiore alle 6 settimane di vita, è aumentato il rischio di apnea, episodio di pausa respiratoria prolungata, e vanno pertanto controllati i parametri cardio-respiratori.

Come capire se il bambino ha difficoltà respiratorie

Misurare la frequenza respiratoria. Se l’ossigeno è poco il bambino cercherà di aumentare la frequenza respiratoria per farne entrare di più. Nel bambino che ha meno di un anno (dopo è meno) il limite per decidere se preoccuparci è 60 atti respiratori a minuto. Come si misurano? Mentre il piccolo dorme si conta quante volte il pancino va su per ogni atto respiratorio in un minuto.

- Se l’ossigeno è poco il bambino aumenta anche lo sforzo per farlo entrare e quindi “affanna”. Occorre guardare il pancino: prima va su e giù molto più del solito; poi si vedono i rientramenti intercostali (i buchetti tra le costole per ogni respiro); poi si fa un fossetto al giugulo per ogni respiro; poi le narici del nasino si allargano ad ogni respiro. Se si arriva a osservare questi ultimi sintomi, specie gli ultimi due, bisogna correre in ospedale.

- Se l’ossigeno è poco il sangue va al centro e trascura la periferia: per questo il bambino diventa pallido. Si può misurare questo fenomeno guardando il “refill capillare” premendo su un unghia: il sangue si allontana e l’unghia diventa bianca. Lasciando, il sangue torna al suo posto e l'unghia torna rossa: normalmente succede in meno di tre secondi, se ci mette di più c’è un problema di circolo.

- Per risparmiare ossigeno poi il cervello che consuma più di tutti viene messo a riposo, quindi il bambino dorme, è poco reattivo, e non si sveglia per mangiare.