Isola del Giglio (Grosseto), 3 marzo 2021 - I mufloni nel mirino dell’Ente Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano. Dopo L’Elba, ora tocca anche a quelli del Giglio, accusati di nutrirsi di lecci e impedire così la rinaturalizzazione dell’area. Gran parte degli abbattimenti sono già avvenuti, e rimarrebbero attualmente solo 40 individui.
“L’Ente Parco ha affermato di essere disponibile a cedere gli animali alle associazioni che li vogliono salvare, ma questa apertura, seppur apprezzabile, getta sulle associazioni stesse tutti gli oneri e i costi che ovviamente sono insostenibili – dichiarano Enpa e Lav - poiché le Onlus, a differenza degli Enti pubblici, non godono di finanziamenti statali e vivono di donazioni”. Quindi, inevitabilmente, molti mufloni sono condannati a morire ad opera di guardiaparco o di “Personale adeguatamente formato” – spesso composto proprio da cacciatori. I mufloni sono insediati al Giglio oramai da tempo immemore, tanto che sono diventati parte dell’ambiente dell’isola, riconosciuti anche dagli stessi cittadini come componente oramai irrinunciabile, non è quindi accettabile che vengano definiti “alloctoni” e che con questo pretesto siano sterminati. Oltretutto con costi enormi che ricadono sulle spalle di tutti i cittadini. Il progetto Life Letsgo Giglio, è infatti finanziato con circa un milione e seicentomila euro di fondi europei e nazionali, una cifra enorme che potrebbe essere spesa per ben altri fini invece che per uccidere quaranta mufloni che oramai vivono in simbiosi con l’ambiente del Giglio che li ospita. “Vista l’entità dei finanziamenti a disposizione, quella del Giglio, è un’occasione sprecata per il Parco stesso, un’opportunità di ricerca scientifica mancata: trattandosi di un’isola, si potrebbero sperimentare altre forme meno cruente e non letali di riduzione del numero di mufloni, da studiarsi attraverso il coinvolgimento e il confronto tra associazioni, enti, università. “Purtroppo, invece, si predilige il ricorso alle uccisioni facili, che avvengono - a quanto risulta – anche di fronte alla popolazione, su animali intrappolati tra gli scogli, adulti e cuccioli. Per questo, i legali delle associazioni si stanno attivando, anche nei confronti dell’Unione Europea, mentre si rivolgono al Ministero della Transizione ecologica affinché compia una puntuale verifica di quanto sta accadendo, facendosi portavoce della comunità notoriamente contraria ad inutili stermini, soprattutto quando potrebbero esistere soluzioni alternative all’uccisione.
Maurizio Costanzo