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Bertini: "Tutta l'Italia impazziva per noi e non ce ne accorgemmo"

Il mediano dell'Italia che batté la Germania: "Fermai Seeler e Valcareggi mi affidò la marcatura di Pelè"

Facchetti e Seeler, stretta di mano fra i capitani di Italia e Germania

Firenze, 16 giugno  2020 - Signor Bertini, racconti la sua Italia-Germania.

"Scusi, ma perché interessa tanto quella partita?" 

Mercoledi prossimo saranno passati 50 anni. 

"Già 50? Non ci avevo fatto caso. Sa, vivendo fuori dal calcio, seguo poco quello che succede".

Mario Bertini è stato uno dei mediani più forti del calcio italiano. Diversamente da quasi tutti gli ex colleghi, è uno che ha detto basta senza rimpianti o ricadute. "Seguo poco il pallone. Durante l'emergenza Covid quasi non mi sono accorto che non si giocava piu".

Italia Germania 4-3 è stata comunque la partita più bella della sua vita?

"Ne ho giocate tante... Va detto che per 93 minuti fu una delle gare più brutte mai disputate. Poi, d'un tratto diventammo eroi".

il flash che le è rimasto impresso.

"A partita finita Seeler, il vecchiaccio, viene a stringermi la mano. Dopo tanto accanimento, lui, trentacinquenne capitano della Germania mi viene incontro. Fu una lezione di vita".

Vi eravate picchiati, forse lei commise pure un fallo da rigore.

"Sì, lo marcavo io. Senza esclusione di colpi, guardandoci in faccia. Se lo atterrai, non ricordo. Non ho neppure mai rivisto la partita intera in tv".

Vi rendeste conto dell'impresa che avevate realizzato?

"Subito, no. Stanchi, felici, ci accorgeremmo leggendo i giornali di cosa era accaduto in Italia. I cortei, i bagni nelle fontane. E i giornalisti in Messico ci raccontavano del Paese che stava impazzendo per noi".

Mario Bertini nel negozio di Bergamo
Mario Bertini nel negozio di Bergamo

Stanchi e soddisfatti, vi avviaste al Brasile.

"Soddisfatti sì, appagati no. E nemmeno impauriti. Mai avuto paura di perdere, prima di una partita. Sul'1-1 col Brasile abbiamo avuto noi le occasioni migliori".

Iniziò lei, su Pelé. Sembrò un controsenso. E Valcareggi si corresse dopo venti minuti.

"Ma non perché lo marcassi male. Avrei potuto continuare, dopo aver fermato Seeler. Il problema era che, a sinistra, Rivelino rientrava moltissimo e chiamava avanti Burgnich, un difensore puro. Valcareggi, mio papà calcistico, pensò che su Rivelino così impostato, stesse meglio un centrocampista come me. Proprio mentre ci scambiamo la marcatura, Pelé salta di testa e segna".

Lei, centrocampista. Eppure marcava i Seeler, i Pelè.

"Cominciai da trequartista, poi arretrai, unendo fiato e capacità di marcatore alle doti di incursore. Segnavo spesso, non solo su rigore".

Come interista, in azzurro lei stava con Mazzola oppure con Boninsegna, che in Nazionale preferiva Rivera?

"Ero all'inter appena da un anno, arrivavo da Firenze, andavo d'accordo con tutti".

Lei lasciò la Fiorentina e i viola vinsero lo scudetto. Poi toccò al Cagliari. Solo dopo vinse una grande, la sua Inter. Impensabile, oggi.

"Allora, la Fiorentina era la squadra yè yè, con tanti giovani allenati da Chiappella, altro mio padre calcistico. Se vendettero me, Albertosi e Brugnera vuol dire che avevano un progetto preciso e lo dimostrarono. Oggi, come quel Cagliari, quella Fiorentina c'è solo l'Atalanta, che però resta lontano dallo scudetto. Tuttavia è una gioia osservare il suo gioco. È una gioia vederla rappresentare l'Italia in Champions".

Lei è nato a Prato nel 1944, sotto le bombe e da sempre vive a Bergamo, oggi piegata dal Coronavirus.

"Nacqui in un rifugio, in via dei Tintori. Per questo, da piccolo, mi chiamavano 'Rifugino', anni duri, giocavo a pallone in piazza con le scarpe con cui andavo a scuola. A Bergamo sono diventato imprenditore nell'abbigliamento, partecipavamo a Pitti ho avuto per tanti anni un negozio che si chiamava Petronio. Qui si viveva e si vive benissimo. Poi il Covid, le bare portate via dai militari. Un incubo che ho vissuto in casa, evitando il contagio, mentre fuori c'erano controlli molto rigidi. Attenti, il virus si è affievolito, ma non estinto. Bergamo comunque sa come rialzarzi:  in questi mesi ho visto persone straordinarie fra medici, infermieri volontari".

Eroi veri.

"Eroi è la parola giusta. Anche se, cinquant'anni fa, eroi chiamavano noi, per aver vinto contro la Germania".

Piero Ceccatelli