ERIKA PONTINI
Cronaca

Abel, lo zio di Kata: l’ultimo a vedere la bambina nell’ex Astor. E’ lui al centro del racket

“Giocava in cortile con gli altri bambini, io la guardavo dalla finestra”

Lo zio materno di Kata

Lo zio materno di Kata

Firenze, 5 agosto 2023 – E’ l’ultimo ad aver visto la piccola Kata alle 15.40 di quel maledetto 10 giugno scorso quando la bambina di cinque anni è stata inghiottita dal nulla. “Giocava in cortile con gli altri bambini, io la guardavo dalla finestra. Poi alle 15.50 è tornata la mamma, è venuta a cercarla nelle camere ma Kata non c’era più ed abbiamo iniziata a cercarla”, disse lo zio Abel Alvarez Vasquez, 29 anni, ai cronisti assiepati nell’Astor ancora occupato, lanciando un appello affinché venisse ritrovata.

La bimba affidata a lui

A lui la bimba era stata ‘affidata’, per quanto in quella situazione di degrado e promiscuità questa parola possa avere un senso compiuto. E, soprattutto, prima che la versione sull’orario della sparizione della bimba venisse modificata. In un secondo momento, di questi quasi sessanta giorni di indagini infatti, le ricerche della piccola sono state ‘posticipate’ alle 16.40 circa, tanto che la prima chiamata al 112 per denunciare la scomparsa di Kata è stata registrata alle 18.30 circa (e l’ingresso in una caserma per formalizzare la denuncia delle 20.30).

Il trasferimento fuori dall’hotel

Abel viveva in una delle stanze dell’hotel, diversa da quella occupata da mamma e bambini e fu tra i primi, il 15 giugno, prima dello sgombero, a lasciare l’immobile occupato per essere trasferito, ospite del comune, insieme ai genitori di Kata, Katherine Alvarez e Miguel Angel Romero Chiccllo.

Il ruolo dello zio

Quando l’inchiesta, coordinata dalla Dda di Luca Tescaroli, ha imboccato la strada del sequestro di persone a scopo di estorsione o di ritorsione, nell’ambito della compravendita delle stanze che i riflettori si sono accesi proprio intorno allo zio. “La bambina - emerse dagli inquirenti - ricade in una delle fazioni contrapposte e l’albergo veicola un’attività criminale”.

E oggi con lo sprint alle indagini si riesce a capire quale fosse una delle fazioni contrapposte nella guerra delle stanze. Con le misure di custodia cautelare eseguite questa mattina per estorsione, tentata estorsione e rapina dalla squadra mobile della questura di Firenze, che già indagava sul racket delle stanze nel casermone di via Maragliana, in contemporanea con il filone sul sequestro di persona portato avanti dai carabinieri del comando provinciale e da quelli del Ros di Roma, la veste del familiare assume tutto un altro significato. Lui, insieme agli altri, sarebbe stato al centro del racket.

Le parole dello zio

“Io quando sono arrivato dal Perù ero solo con mia sorella e i figli, inizialmente mi furono chiesti 800 euro per l’ingresso nell’hotel ma successivamente ne volevano altri” disse Abel in una video intervista a La Nazione riferendosi alla famiglia del terzo piano con la quale si era consumata una violenta lite. Aggiungendo che il 28 maggio scorso quando uno degli occupanti precipitò dalla finestra c’era stata una lite solo perché “noi volevamo dormire e gli ecuadoriani facevano confusione”.

Adesso la procura sta scrivendo un’altra storia. Abel infatti, insieme agli altri tre arrestati, non solo avrebbe preteso il pizzo di 600-700 da quanti volevano entrare nell’hotel occupato ma avrebbe preso parte al raid punitivo del 28 maggio con il pestaggio eseguito con le mazze da baseball nei confronti di una coppia di connazionali per costringerli a lasciare la stanza. Fino all’estremo gesto: l’uomo per paura si gettò dal balcone e fu ricoverato in gravi condizioni in ospedale.