Arezzo, 13 ottobre 2023 – Quando scoppia una guerra è come se s’interrompesse un discorso, un cammino.
A Rondine è il discorso che affronta il conflitto, è il cammino che guarda la pace.
In questi giorni tragici nei quali la guerra, il terrorismo e ogni forma di violenza sembrano avere interrotto quel cammino, la Cittadella della Pace si interroga, come tanti, sulla sua missione.
Mentre diventa ancora più fermo il rifiuto della guerra e della violenza come strumento per la risoluzione delle controversie, si rinnova anche la responsabilità e la volontà di difendere un patrimonio unico al mondo di “amicizie impossibili”, di legami di affetto e di impegno per la pace, quelle dei giovani della World House, i giovani ‘nemici’ che a Rondine affrontano il conflitto fuori e dentro di sé, trovando strumenti creativi per trasformarlo attraverso la relazione.
La Cittadella della Pace offre loro uno spazio per elaborare il proprio dolore, per accogliere il dolore dell’altro e scoprire che non è molto differente dal proprio, trasformando il conflitto in opportunità di incontro. Per questo, adesso, è necessario prendersi cura e proteggere quello spazio in cui proprio ora questi giovani stanno creando un “noi” inedito che sa di futuro vero.
Quello che sta accadendo ora tra israeliani e palestinesi, continua a succedere tra ucraini e russi, come tra armeni e azerbaigiani nel Nagorno Karabakh, in Mali e nelle centinaia di guerre dimenticate in tutto il mondo: sono i dolori del mondo che a Rondine trovano una strada per immaginare un futuro nuovo e rompere gli schemi opposti che in queste ore seminano sangue e spezzano vite. Ascoltando i nostri giovani siamo ben consapevoli della necessità della cura delle parole e che il nome di un popolo non è un’etichetta che può identificare tutto e tutti. Altresì vediamo quanto oggi più che mai le società siano frammentate al loro interno e proprio per questo il dovere collettivo deve essere quello di proteggere chi ha cuore il dialogo tra le parti e soprattutto chi continua a farlo in questi momenti.
Nonostante le ferite, le lacerazioni e con il pensiero alle proprie famiglie e ai propri cari, ognuna e ognuno dei nostri giovani prova tenacemente a rompere questi schemi e ad alimentare “la forza del nonostante”.
Rondine si rifiuta di pensare che il proprio percorso possa essere spezzato dal nuovo incedere della guerra di questi giorni, che il proprio impegno per un futuro di pace possa venire meno di fronte alla violenza.
La guerra vince se riesce ad annientare la speranza e a permettere alla rabbia di diventare odio. Il lavoro di Rondine oggi più che mai torna alle radici dell’umano per difendere la possibilità di trasformare il dolore in un percorso di riconciliazione e di costruzione di un futuro di pace.