Arezzo, 31 gennaio 2025 – «Quando sono i "cattivi" ad avere ragione: la necessità di una gestione seria del lupo
Ogni epoca ha i suoi dogmi, le sue verità indiscutibili, i suoi totem ideologici intoccabili. Eppure, la storia insegna che spesso chi solleva dubbi, chi denuncia una situazione
problematica, viene inizialmente bollato come allarmista, estremista o addirittura fomentatore d'odio. Il problema è che ignorare la realtà, per paura di infrangere convinzioni ben radicate, non aiuta a risolvere le criticità: al contrario, le amplifica, fino a rendere il problema ineludibile.
Il lupo, oggi, rappresenta uno di questi iceberg in rotta di collisione, su cui la società preferisce chiudere gli occhi.
La retorica ambientalista dominante ha costruito un'immagine del lupo idealizzata, quasi romantica: un animale schivo, inoffensivo, simbolo di una natura incontaminata da proteggere a tutti i costi.
Tuttavia, la realtà dei fatti dimostra che questa visione idilliaca è ben lontana dall'essere accurata. Gli episodi di attacchi a bestiame, l'incursione nei centri abitati, i casi di
aggressioni dirette o indirette all'uomo si stanno moltiplicando, eppure si continua a minimizzare.
Il caso emblematico avvenuto nel 2023, vicino a San Rossore, con un giovane motociclista costretto a rifugiarsi in cima a una quercia per sfuggire a un branco di lupi, è solo uno dei tanti segnali d'allarme che vengono sistematicamente ignorati.
Ma non dal Comitato Emergenza lupo, fondato nel gennaio dello stesso anno, il quale, dopo un’approfondita analisi della situazione locale, decise di presentare un esposto alla
Corte dei Conti della Toscana.
Ma la reazione degli esperti e delle istituzioni continua a essere quella della negazione o del ridimensionamento del problema.
Proprio partendo dal fatto di cronaca, non è stato difficile individuare il responsabile, mostrando uno degli esempi più eclatanti di una “non-gestione” fallimentare del lupo.
Stiamo parlando del Parco di San Rossore e Migliarino.
Per anni, le politiche adottate hanno favorito un'espansione incontrollata di questo predatore, senza considerare l'impatto devastante sulla biodiversità locale. L’articolo de
"La Nazione" di Pisa del 31 gennaio del 2025, evidenzia chiaramente le conseguenze: oggi la popolazione di daini è stata quasi annientata, i cinghiali e le volpi sono in forte declino, e l'intero ecosistema del parco è stato compromesso da una presenza eccessiva di lupi.
Questa situazione era prevedibile e prevenibile. L'assenza di una gestione attiva e razionale di tutta la fauna ha permesso che il parco diventasse un territorio dominato dai
predatori, con effetti devastanti sugli animali preesistenti.
Eppure, le denunce e gli esposti presentati, come quello alla Corte dei Conti della Toscana sulla gestione del “Parco degli amici del lupo”, sono stati ignorati o insabbiati, con il
risultato che ora il problema è diventato evidente anche ai più scettici.
Noi l’iceberg l’abbiamo segnalato due anni prima dello schianto. Farebbe sorridere, se non fosse per il fatto che purtroppo non c’è niente da ridere,
l’esempio di gestione pragmatica della fauna selvatica adottato dal Giappone, che agli inizi
del '900 ha estinto il lupo da tutte le sue isole.
La conseguenza? Oggi, in città come Nara, la popolazione di cervi convive armoniosamente con gli abitanti e
rappresenta un'attrazione turistica di valore inestimabile.
Come avveniva fino a pochi anni fa al Parco di San Rossore.
È sbagliato pensare di rimuovere completamente una specie dal territorio, ma anche la follia italiana di mandare tutto in malora in nome dell’ideologia animalista è inaccettabile.
Nessuno vuole la distruzione del lupo, ma ignorarne l'espansione incontrollata e i danni che sta causando significa essere irresponsabili.
La gestione della fauna selvatica deve basarsi su dati reali, su strategie di contenimento
efficaci e su una revisione delle politiche di protezione che tenga conto delle esigenze di
tutti: cittadini, allevatori, agricoltori e delle altre specie animali che stanno subendo le
conseguenze di una presenza predatoria non regolata.
Continuare a negare il problema non farà altro che aggravarlo. E, come dimostra la storia,
alla fine gli iceberg non scompaiono solo perché si sceglie di non vederli.
È il momento di agire con serietà, prima che il danno diventi irreparabile».