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Cronaca

La Sirenetta, le origini del mito: "Così divenne l’ombelico del mondo"

Viaggio nel tempo (a puntate) del re della notte, dall’acquisto del locale a Castelfranco di Sotto da parte del padre

La Sirenetta, le origini del mito: "Così divenne l’ombelico del mondo"

La Sirenetta, le origini del mito: "Così divenne l’ombelico del mondo"

Guidi*

Estate vuol dire sole, mare e amore. Sono grato a La Nazione per l’invito a ripercorrere le notti vissute, tra memorie e pensieri che ci legano. E prendo spunto da Bruno Martino, con “E la chiamano estate” che fotografa un’epoca di desideri.

Un racconto che arriva alla Capannina, ma parte da Castelfranco di Sotto, dove sono nato in tempo di guerra, la mia Nueva York perché la lingua che sentivo era lo slang americano. Furono gli anni 50 a regalarci la speranza. L’amicizia con Sandro Mazzinghi di Pontedera, e Ilario Banchini, musicista del paese, scritturato nel 1957 da radio Rai ma morto prematuramente mentre doveva esibirsi dalla Sicilia. Devo a lui la passione per la musica.

Sognavo ad occhi aperti, certo. Finché un giorno mamma Lori mi chiamò da parte. Babbo Angiolo, in salotto, mi disse: "Ho comprato la Sirenetta e tu dovrai gestirla". Così finirono le fantasie. Avevo spedito la domanda d’ammissione al conservatorio Santa Cecilia, senza informarli. Mi sembrava naturale dopo gli studi di musica, Roma era la Dolce Vita… Niente da fare per un figlio unico.

Stregato dalla batteria, volevo metter su un complesso “ Guidi e the Cuban boys”. A vent’anni mi ritrovai presentatore e direttore di una sala da ballo.

Migliorai il bar, ma serviva altro. Le ragazze più fascinose erano lì. Ma volevo convincere anche quelle dei paesi limitrofi.

Se il biglietto d’ingresso per gli uomini era 100 lire, dissi, le donne avrebbero pagato la metà. Mi accordai con gli autisti dei bus che lavoravano con le parrocchie, per prendere il pubblico tra l’Empolese e la costa, due servizi di linea pagati da noi.

In una realtà rurale fatta di bici e poche moto, il problema era raggiungere il locale. Non era solo questione di distanze, ma di fondi stradali sterrati e pozzanghere.

La Sirenetta divenne l’ombelico del mondo. E nei primi anni’60 arrivarono gli avventori: donne con le gonne, tacco 6 centimetri, uomini in giacca e cravatta. Anche in estate, quando le feste si spostavano nelle piazze. Le ragazze non uscivano mai sole: tre o quattro alla volta.

L’emancipazione iniziava ad attecchire nelle città, ma io operavo in provincia. La donna arrivava illibata al matrimonio. E spesso entrava in sala con la mamma. Io stavo lì: un occhio su Firenze, un orecchio sulla Versilia, il cuore a Roma, la testa a Castelfranco. Finita la naja, decisi di dare una scossa. Oltre ai migliori musicisti, scritturai Antonio Ciacci, voce di Cuore matto, Riderà e 24mila baci cantata a Sanremo con Celentano. Dico, Little Tony.

Arrivò col Jaguar targato San Marino. Portarlo alla Sirenetta fu un colpaccio. Le donne impazzirono. Signore con le gonne sopra le ginocchia! Profumi, rossetti. Giovani che sognavano leggendo i rotocalchi. Little Tony era imperdibile per chi viveva in provincia. Iniziò così. Con l’uomo che chiedeva a una fanciulla di ballare, col permesso di mammà.

*Storico patron della Capannina