REDAZIONE CRONACA

La toccante storia di Sabrina. "Ho perso mio figlio di 22 anni"

La malattia rara, la corsa in ospedale, le dimissioni, un nuovo ricovero: il racconto di una mamma di fronte al dolore più grande

Tommaso

Firenze, 3 maggio 2020  - “Mio figlio incarnava la gioia di vivere, e se mi sono decisa a raccontare questa storia, è perché a nessuno capiti più quello che è capitato a noi”. A parlare è la signora Sabrina, mamma di Tommaso.

“Poco dopo la nascita gli avevano diagnosticato la distrofia muscolare di Duchenne, patologia che si è manifestata con evidenza verso gli otto, nove anni, e che lo costringeva su una sedia a rotelle – spiega la signora Sabrina -. Si era scritto anche all’università, ad informatica. È stato seguito da centri specialistici fino a quando, un giorno, non sopraggiunge un problema, un malessere, e così viene ricoverato in ospedale, che secondo i protocolli è quello ovviamente più vicino a casa, ossia Torregalli. Si sente sempre parlare di presa in carico, ma quando, come è successo a mio figlio, non è possibile o non si ha il tempo di rivolgersi a centri specialistici a causa dell’urgenza, si arriva in ospedale dove la gestione di una patologia rara incontra difficoltà, peraltro proprio nel momento più critico. Dopo aver accusato sintomi importanti, il 6 aprile dell’anno scorso Tommaso è stato ricoverato, il 10 aprile ha avuto un arresto respiratorio e il 13 è stato dimesso. Era sabato, lo ricordo bene: venne dimesso verso l’ora di pranzo, ma era stanchissimo, sembrava sfinito. Rientrati a casa con l’ambulanza lo mettemmo a letto, perché si vedeva che non stava bene. La sera stessa ebbe un nuovo attacco respiratorio: abbiamo chiamato subito il 118, è stato intubato e riportato all’ospedale di Torregalli, dove non è stato ricoverato in rianimazione o terapia intensiva o sub-intensiva, ma prima in un reparto e poi in ‘Medicina c’. Venne ricoverato dunque quello stesso giorno, il 13 sera, e il 29 ci ha lasciato. In quei giorni prese anche la polmonite. La macchina della tosse che mi portai da casa, fornita su prescrizione medica ed è prevista dalla Asl, si rivelò un dispositivo utilissimo, la usai io stesso, anche se incontrai molta resistenza nell’utilizzo da parte dei sanitari”.  

“Certe patologie rare – aggiunge la signora Sabrina -   ad oggi continuano ad essere non particolarmente conosciute, mentre proprio per loro ci vorrebbe un occhio di riguardo e usata particolare attenzione. La distrofia muscolare di Duchenne, la patologia di mio figlio, si manifesta da bambini e un tempo, quando è nato lui, l’aspettativa di vita non era così lunga, arrivava a 14 anni. Oggi invece grazie a centri specialistici, farmaci a livello cardiologico e apparecchi a livello respiratorio e ventilatorio, l’aspettativa di vita per questi ragazzi si è molto allungata, arrivano a trenta, quaranta anche cinquant’anni. Lui era seguito benissimo, né avrei potuto farlo ricoverare al Meyer, essendo Tommaso maggiorenne. Mio figlio non poteva essere lasciato da solo, e in ospedale mi hanno permesso di stare lì e di essergli vicino, senza farmi mai alcun problema, e da questo punto di vista li elogio e ho avuto modo di vedere il carico di lavoro dei sanitari. La mia però vuole essere una grande lamentela da parte di una mamma che ha perso un figlio nel fiore degli anni: anche se i nostri figli hanno patologie rare, esistiamo sul territorio e in caso di emergenza, come è capitato a mio figlio, anche in ospedale occorre che ci sia un’adeguata informazione e gestione delle patologie rare. In modo tale che quello che è capitato a Tommaso, non capiti più a nessuno, e che nessuna mamma si ritrovi a vivere il mio stesso dolore”.

 

Maurizio Costanzo