Cristina Privitera
Cronaca
Editoriale

Le attese e la rabbia. Manca la fiducia

Cristina Privitera

Cristina Privitera

Firenze, 8 settembre 2024 – Non è facile credere che quella scena di Foggia sia successa davvero in un ospedale pubblico del nostro Paese. Impossibile restare indifferenti di fronte a medici e infermieri terrorizzati, asserragliati dentro una stanza del loro reparto per difendersi. Oltre la porta, bloccata con le scrivanie, decine di familiari di una paziente appena morta urlano contro di loro, cercando di aggredirli.

L’aumento esponenziale delle varie forme di aggressività contro gli operatori sanitari è un dato di fatto. Sono le cause di questa escalation che appaiono nebulose. Perché da qualche anno un numero in crescita di pazienti, o loro familiari, si scaglia con violenza contro infermieri e medici? Succede soprattutto nei pronto soccorso o negli ambulatori delle guardie mediche, e le vittime sono spesso donne. Sono questi i luoghi di frontiera nei quali i sanitari si trovano da soli e sono più esposti ai rischi. Ben vengano allora le misure per garantire la loro sicurezza e incolumità, gli strumenti anche tecnologici – come i pulsanti di allarme collegati direttamente alle forze dell’ordine – per un intervento tempestivo a tutela di chi si trova in pericolo.

Resta però irrisolta la questione del perché sia così cresciuta la frequenza di questi episodi violenti. Da dove viene tutta questa aggressività? Alcuni studi negli anni hanno analizzato il fenomeno – che non è una peculiarità solo italiana – con il risultato di attribuire principalmente ai tempi di attesa, che si protraggono prima di essere visitati, il motivo scatenante di tutta questa rabbia. Al secondo posto c’è la mancanza di disponibilità all’ascolto. Il punto è che l’atteggiamento sempre più frequente dei pazienti che pretendono una risposta pressoché immediata, insieme a un servizio pubblico di emergenza in sofferenza per le note carenze di organico, ha come rovescio della medaglia anche una sorta di diffidenza da parte degli stessi operatori sanitari. C’è da ricucire una fiducia reciproca ormai sfilacciata. E il primo passo per farlo è garantire a operatori e pazienti servizi adeguati, per organici e dotazioni, in grado di offrire nei tempi adeguati le risposte che i primi vogliono dare e i secondi vogliono ricevere.