REDAZIONE CRONACA

Le prove del Dna riscrivono la storia delle persone sepolte nell'eruzione di Pompei

Ecco che quella che era stata finora considerata una madre si rivela esser stato un uomo, che non ha alcuna parentela col bimbo che cerca di proteggere. Allo studio ha partecipato anche UniFi

Il foro di Pompei e, dietro, il Vesuvio com'è oggi (credits Parco archeologico di Pompei)

Il foro di Pompei e, dietro, il Vesuvio com'è oggi (credits Parco archeologico di Pompei)

Firenze, 7 novembre 2024 - Per secoli è stata considerata una madre, ma adesso si rivela essere un uomo che non ha alcuna relazione di parentela con il bambino che sta cercando di

proteggere, famiglie che non sono tali, composte da persone che

nel momento della tragedia si sono trovate vicine per puro caso,

ma anche stranieri, che cercano di sfuggire come gli altri alla catastrofica eruzione che sta per investirli: sono le storie che

vengono ora riscritte grazie al Dna antico estratto per la prima

volta da alcuni dei calchi degli abitanti di Pompei, sepolti

dall'eruzione del Vesuvio nel 79 d.C.. La scoperta, pubblicata

sulla rivista Current Biology, si deve allo studio guidato

dall'Università americana di Harvard, al quale ha partecipato

anche l'Italia con l'Università di Firenze.

I dati genetici emersi raccontano una realtà molto diversa riguardo al genere e alle relazioni di parentela di questi individui, rispetto a quella formulata intorno alla metà del '700, quando iniziarono le indagini archeologiche nella città.

Emerge che le ipotesi fatte allora in molti casi erano inaffidabili perché riflettevano una visione del mondo e una cultura completamente diverse da quelle in essere all'epoca dei resti esaminati.

"È la prima volta che si riesce a estrarre materiale genetico dai calchi di gesso", dice David Caramelli, antropologo dell'Università di Firenze e co-autore dello studio guidato da David Reich. "Abbiamo esaminato 14 calchi, ma soltanto da 7 di questi abbiamo potuto ottenere del Dna leggibile e utilizzabile".

I risultati delle analisi hanno permesso di determinare con precisione le relazioni genetiche, il sesso e l'ascendenza di questi individui, ma i risultati si sono dimostrati per buona parte in contrasto con ciò che si era ipotizzato semplicemente sulla base dell'aspetto fisico e delle posizioni dei corpi.

"Ad esempio, un adulto che indossava un bracciale d'oro e teneva in braccio un bambino, che si riteneva fossero madre e figlio, sono in realtà risultati essere due individui maschi non imparentati tra loro", racconta Caramelli. "Un'altra coppia che si pensava fossero due sorelle, oppure madre e figlia, sono invece due uomini senza legami di parentela. Infine, il Dna di un altro individuo, che era stato ritrovato all'interno della cosiddetta Villa dei Misteri, ha rivelato che proveniva da un altro luogo".

I dati genetici, infatti, hanno anche fornito informazioni sugli antenati dei pompeiani: gli individui esaminati discendevano principalmente da recenti immigrati che provenivano dal Mediterraneo orientale. Ciò evidenzia, secondo i ricercatori, la natura cosmopolita dell'Impero Romano, come anche i sistemi che favorivano mobilità e scambi culturali al suo interno.

"Questo studio sottolinea l'importanza di integrare i dati genetici con le informazioni archeologiche per evitare interpretazioni errate", rileva Caramelli: "In caso contrario, infatti, le narrazioni rischiano di riflettere la visione del mondo dei ricercatori, piuttosto che la realtà".

"I dati scientifici che forniamo non sempre sono in linea con le ipotesi comuni", ha spiegato David Reich dell'Università di Harvard. 

“Abbiamo dimostrato che il sesso e le relazioni familiari degli individui non corrispondono alle interpretazioni tradizionali, un esempio di come le moderne supposizioni sui comportamenti di genere potrebbero non essere lenti affidabili attraverso cui vedere i dati del passato”, ha commentato Elena Pilli, docente di Antropologia dell’Università di Firenze e prima autrice dell’articolo.

“I nostri risultati – ha aggiunto Stefania Vai, co-prima autrice e ricercatrice Unifi in Antropologia – offrono l’opportunità di approfondire la nostra comprensione delle vittime dell’eruzione del Vesuvio. Soprattutto, evidenziano il potenziale dell’analisi genetica per scoprire nuove dimensioni delle narrazioni storiche”.

"I nostri risultati hanno implicazioni significative per l'interpretazione dei dati archeologici e la comprensione delle società antiche", ha affermato Alissa Mittnik, del Max Planck di Lipsia. "Evidenziano l'importanza di integrare i dati genetici con le informazioni archeologiche e storiche per evitare interpretazioni errate basate su ipotesi moderne. Questo studio sottolinea anche la natura diversificata e cosmopolita della popolazione di Pompei, che riflette modelli più ampi di mobilità e scambio culturale nell'Impero romano".