
Sanitari in ospedale (foto di repertorio)
Firenze, 22 febbraio 2025 – Dobbiamo loro solo riconoscenza. Adesso, come cinque anni fa, ci dobbiamo inchinare di fronte a molti che ora, come nel 2020, lavorano in condizioni precarie e nonostante tutto non guardano all’orario di lavoro, a turno già concluso, se c’è da assistere un paziente. Sono i nostri operatori sanitari (medici e infermieri, ma anche oss e volontari del terzo settore), un esercito che porta avanti un grande valore, una grande conquista: la sanità pubblica. Quel sistema di servizi che garantisce assistenza a tutti, senza differenze. E’ vero ed è sempre più lampante: il servizio sanitario è in crisi profonda ed acuita ogni giorno di più da molti fattori (le risorse a disposizione, la fuga dei camici bianchi, la concorrenza del privato). Traballa, ma non cade, regge soprattutto grazie a quell’esercito di operatori sanitari che ci crede, consapevole di svolgere una professione che è anche una missione. Per l’oculista, il medico di famiglia o il chirurgo di altissima specializzazione.
Nonostante tutto, medici e infermieri, oss e volontari troppo spesso sono oggetto di minacce e violenza. Una sorta di bollettino di guerra ogni giorno nei reparti più esposti: a partire dai pronto soccorso, veri avamposti della sanità pubblica, orfana di un’assistenza territoriale efficiente. Dai dati Inail emerge che ai danni dei sanitari ci sono quattro aggressioni al giorno in Italia. Risulta che il 68% degli operatori ha subito almeno un episodio di violenza nel corso della vita professionale. Ma che Paese stiamo diventando? Non ci vergogniamo?
Sperando che la deriva violenta non appartenga alle nuove generazioni dobbiamo, nel frattempo, offrire più sicurezza negli ospedali, negli ambulatori e sul territorio, anche con protocolli precisi tra Asl e Aziende ospedaliero universitarie, prefetture e forze dell’ordine. Bisogna difendere i nostri operatori sanitari perché devono sapere che non permetteremo che rimangano soli.