MAURIZIO COSTANZO
Cronaca

Lettera a Sofia, la bambina che ha commosso l’Italia

La piccola se ne è andata il 30 dicembre del 2017 a causa di una rara malattia, la Leucodistrofia Metacromatica. Grazie alla Onlus Voa Voa Amici di Sofia è nato il primo progetto pilota al mondo per lo screening di questa malattia

La piccola Sofia con papà Guido e mamma Caterina

Firenze, 30 dicembre 2021 - Cara Sofia, questa stessa notte di tre anni fa, il mio telefono vibrò. Ricordo che guardai l’orologio, era davvero tardi. Sapevo che negli ultimi giorni stavi sempre più male. Preso da un bruttissimo presentimento non lessi subito quel messaggio. Ma ci si può sottrarre alla realtà, non ai sogni, quelli vanno fino in fondo. E così, chiusi gli occhi, ne feci uno stranissimo. Uno di quelli che, come cantava De Andrè “forse era sogno, ma sonno non era”.

Te lo racconto: mi ritrovai catapultato in un mondo di colline verdi a perdita d’occhio, con una bambina che mi dava la schiena. Aveva una gonna nera di tulle, tutta colorata con farfalle blu, verdi, gialle, rosa. Danzava libera, leggera, si allontanava da me inarrestabile, saltando di qua e di là. Eri tu? Eri venuta a trovarmi o a salutarmi? Mi svegliai di soprassalto, acciuffai il telefono e lessi quel messaggio.“Sofia è Nata in cielo”, mi aveva scritto la tua mamma, con una compostezza che è delle preghiere piccole e immense. Sai Sofia, per lei eri il suo Nord e il suo Sud, l’Oriente e l’Occidente. Per il babbo e la tua mamma, eri la sveglia la mattina e i loro giorni di festa, la loro musica preferita e i regali sotto l’albero. Avrei voluto fartene uno anche io, quell’ultimo Natale: un cellulare, dove ti avrei scritto messaggi solo per te, che la mamma ti avrebbe letto dolcemente. Sperando che un giorno mi avresti risposto tu e non lei, annunciandomi che eri guarita. Avevo pensato di comprarti anche un coniglietto nano, di quelli bianchi, dal pelo soffice e caldo, che la tua mamma ti avrebbe fatto accarezzare guidando la tua piccola mano nella sua, verso una qualche malinconica felicità

Il giorno dopo, il 31 dicembre, i telegiornali parlarono di te come della bambina simbolo delle malattie rare che aveva commosso l’Italia. Mentre il mondo si preparava a festeggiare l’anno nuovo, in televisione l’oroscopo prometteva amore e fortuna. A me è venuto in mente il tuo primissimo e unico ‘amore’. I tuoi ti avevano portato ai giardini, dove andavi sempre con un carrello pieno zeppo di giocattoli. Li rovesciavi a terra come a dire: eccoli, venite amici, sono per voi. Non li portavi per giocarci tu, ma per far giocare gli altri insieme a te. Un bimbo, un pomeriggio, ti si avvicinò e ti diede un bacio sulla guancia. I tuoi genitori, sulla panchina, vi guardavano inteneriti. Ho spesso pensato a quel bambino, che deve aver continuato a giocare mentre tu, da un giorno all’altro, non hai potuto più farlo. Chissà se si ricorda ancora di te, se si sarà chiesto dove sei finita e come mai hai smesso di portare giocattoli per tutti. 

Cara Sofia, l’ultima volta che ti venni a trovare è stato in ospedale. Ero in mezzo al traffico caotico della città. Guardai l’orologio: avevo un buco di mezz’ora tra una conferenza stampa e l’altra per venire da te e tornare indietro attraversando mezza Firenze: avrei fatto in tempo a salutarti un attimo? Se ci fosse stato dove comprarlo, avrei voluto portarti un gelato, bagnarti le labbra per fartene sentire almeno il sapore. D’istinto presi un autobus al volo e venni al Meyer. Corsi da te. Nella tua cameretta d’ospedale ho trovato le due nonne, Marisa e Vienda. Gli altri aspettavano fuori, non ci stavamo tutti quanti in quel minuscolo stanzino. “Sofia, guarda un po’ chi è venuto a trovarti?”.

Ti feci una carezza sulla guancia accanto al sondino. Dio conta le lacrime delle donne, è scritto nel Talmud. E non saprai mai quante ne ha versate la tua mamma la prima volta che ti ha visto con quel tubicino al nasino, indispensabile per alimentarti. Non poteva più imboccarti, darti da mangiare. Non potevi più stringerle la mano, perché la Leucodistrofia Metacromatica è un mostro che paralizza tutto, per ultimo l’ha fatto anche col tuo respiro. La mamma ha pregato che almeno la vista non ti venisse spenta, ma è successo anche questo. Al ritorno dall’ennesima visita, ho ricevuto via messaggio l’ennesimo colpo al cuore: “Sofia non vede più. Non mi sorride più perchè non mi vede più. Non posso più accorgermi se è triste, se ha bisogno di qualcosa”.

Tra le tante sfortune, ti è stata assegnata dal destino una delle fortune più grandi che un bambino possa avere a questo mondo: una famiglia che ti ha donato tutto l’amore possibile e anche l’impossibile. Tua nonna Vienda, quando ha scoperto di essere a sua volta malata, prese la sua fine quasi come una benedizione, pur di non veder morire te per prima, come invece poi è accaduto. Questo per dirti con quanto amore sei stata amata. Per occuparsi di te, i tuoi genitori hanno lasciato casa, lavoro, amici, città. Hanno abbandonato tutto e senza pensarci un attimo. “Devo dedicarmi totalmente a Sofia, non posso più scrivere per il giornale, lascio la pagina a te” mi disse la tua mamma prima di partire. Ma io non potevo accettare che, dopo tanti anni, tanta fatica, dopo tante conferenze, dopo aver scritto migliaia di articoli e lavorato a un’infinità di interviste, dopo insomma così tanto lavoro, sarebbe finito tutto così. Ricordo che bussai all’ufficio dall’allora caporedattore Luigi Caroppo per dirgli: “Va bene, mi occuperò io della pagina temporaneamente. Ma facciamo in modo che la firma di Caterina non scompaia mai da questo giornale”. E Caroppo ha dimostrato che La Nazione sa essere molto più che un giornale: una famiglia. Ha fatto raccontare alla tua mamma la tua storia sulle pagine di questo quotidiano, giorno dopo giorno, nel seguitissimo ‘Diario di Sofia’. E sai un’altra cosa davvero bella, Sofia adorata? Oggi la tua mamma non solo ha ripreso a scrivere sul giornale: ma dopo aver raccontato la tua storia nel libro Voa Voa! (edito da Voa Voa Onlus e che tutti possono avere ordinandolo a [email protected]) ne ha scritti altri, per cui è stata premiata come una delle voci più promettenti della narrativa italiana. 

Cara Sofia, io lo so dove sei adesso. Non in una qualche stanza accanto alla nostra. Ma in uno di quei Paradisi irraggiungibili fatti apposta per gli Angeli. Destinati alle persone speciali, quelle venute a questo mondo per lasciare un segno indelebile, stravolgerlo, cambiarlo in meglio, contro tutto e contro tutti. Sono anche certo che non sei sola: la tua cara nonna Vienda è lì con te, e giocate insieme felici tutto il tempo. La tua è una storia straordinaria di dolore e di rinascita. Con una forza che ha del miracoloso, il tuo babbo e la tua mamma hanno creato una Onlus che porta il tuo nome: e ora tutti, grandi e piccoli, possono entrare a far parte degli ‘Amici di Sofia’, quelli che volevi chiamare a te portando una montagna di giocattoli ai giardini.

Il tuo babbo e la tua mamma si spendono ogni giorno per tutti gli altri ‘Bambini Farfalla’ d’Italia, chiamati così perché destinati a durare il tempo di una brevissima stagione della vita. Che senza Voa Voa sarebbero orfani di speranza oltre che di cure, e anche ‘invisibili’. Se diagnosticata in tempo, la Leucodistrofia Metacromatica può essere arginata, curata, sconfitta. Grazie al primo progetto pilota al mondo per la diagnosi precoce della LMD finanziato da Voa Voa Onlus, i bambini che ne sono colpiti non dovranno più soffrire, più morire. Continueranno a vedere, a sorridere alle loro mamme. A fare tutte quelle cose che non hai potuto fare tu. Con una piccola ‘Goccia di Speranza’, la Onlus a te dedicata si sta battendo perché a nessun bambino accada quel che è accaduto a te. I tuoi genitori stanno raccogliendo fondi, stanno finanziando medici e ricercatori che, nel tuo nome, stanno lavorando in uno degli ospedali pediatrici più importanti d’Europa: il Meyer di Firenze (www.voavoa.org). E presto, a gennaio 2022, partirà questo progetto che permetterà una diagnosi precoce, che in patologie come questa è sinonimo di salvezza, col prelievo di una semplice goccia di sangue. Ci pensi? Grazie a te, nessun bambino soffrirà più così tanto per la tua malattia, perché se diagnosticata prima dell'insorgenza dei sintomi, la LDM è completamente curabile. I tuoi genitori sognano di più: vogliono che questo test che sarà gratuito per tutti i bambini della Toscana, venga esteso un giorno a tutti i neonati d’Italia, se altre regioni aderiranno.

Sai Sofia, Voa Voa è un’associazione che ti rassomiglia, speciale e generosa come te. Capace di donare mille volte di più di quel po’ che riceve. Con un panettone a Natale, una Colomba a Pasqua e tanti piccoli gadget di ogni tipo, tutti possono contribuire e fare in modo che il sogno dei tuoi genitori si realizzi. Che il ‘mostro’ della Leucodistrofia che ti ha ucciso venga schiacciato. E che i genitori degli altri ‘Bambini Farfalla’ non si sentano mai più soli, abbandonati. A casa Voa Voa infatti, le porte sono sempre aperte. E per le famiglie che, come il tuo babbo e la tua mamma, hanno dovuto lasciare il lavoro o si ritrovano ad affrontare spese mediche che non sanno come sostenere, è stato pensato anche un contributo economico, legale e psicologico.

Il giorno del tuo compleanno la tua mamma mi scrisse: “Ho pregato Dio di fare festa”. Oggi, nel giorno della tua Nascita in Cielo, tutti potranno unirsi a lei nel pregare per te: nella Basilica di San Miniato al Monte che guarda dall’alto la città, alle ore 12 Padre Bernardo Gianni celebrerà una messa in tuo ricordo. Tu riposi lì accanto, nel cimitero monumentale della città, dedicato ai Grandi, alle personalità, agli uomini e alle donne che hanno dato lustro alla città e all’Italia intera. Quelli che Firenze non può, non vuole, non deve dimenticare. Mi domando spesso cosa avresti fatto da grande, se solo la malattia non ti avesse strappato alla vita così presto. Saresti diventata una musicista oppure avresti fatto la pediatra? Chissà se invece ti sarebbe piaciuto diventare archeologa, una ricercatrice, magari un’insegnante. Oppure una giornalista come la tua mamma. In questo caso io e lei ti avremmo insegnato tutto quello che in questi anni abbiamo imparato di questo mestiere. E poi, ad un certo punto, saresti stata tu ad insegnare a noi.

Non hai fatto in tempo a confidarci i tuoi sogni. Nessuno di noi li saprà mai, possiamo solo tirare a indovinare. E allora facciamo un gioco, adesso, io e te. Facciamo che ti regalo per davvero quel cellulare e tu mi scrivi che è stato solo un brutto sogno. E tutto torna. Facciamo che la tua cara nonna non si è ammalata e non è mai venuta in cielo da Te. Tutto torna. Immaginiamo che quel bambino che ti ha dato il bacio sulla guancia alla fine è diventato tuo marito e avreste vissuto in una casa con una grande staccionata bianca, due figli e quattro cani. Tutto torna. Alla fine sei diventata davvero una giornalista, brava come la tua mamma e miliardi di volte più brava di me. Tutto torna. Facciamo che i tuoi occhi non si siano mai spenti e che quella bambina che ho sognato quella notte non eri tu. E tutto torna. E poi facciamo che mi sveglio e nel messaggio della tua mamma leggo che sei guarita, che stai bene, che sei felice, che sei ancora tra noi. Tutto Torna. Lo vedi Sofia? Torna tutto. Proprio tutto. Alla fine torna sempre tutto quanto. E tu?