GIGI PAOLI
Cronaca

L'incivile giustizia civile

Il commento

Gigi Paoli

Firenze, 2 febbraio 2016 - Organici «scandalosamente insufficienti», turnover bloccato da tempo immemorabile, spinta all’ingresso delle nuove tecnologie che si scontra «con il pericoloso tentativo di fuga dalla realtà, di rifiuto culturale dell’unica riforma che è invece rimasta possibile, dopo anni di tentativi vani di riforme sul rito: la riforma della organizzazione dei servizi di giustizia in chiave tecnologica, informatica, telematica. In una parola, moderna».

Sono frasi e concetti setacciati in ordine sparso da quel ‘cahier de doléances’ che il pianeta della Giustizia esprime all’inaugurazione dell’anno giudiziario. Che a null’altro serve se non a capire in che sabbie mobili siamo finiti. E ogni anno, oltre a fare la conta dei reati, s’impatta con violenza sulla certificazione della lentezza del sistema. Tanti tribunali omettono questo dato ma la durata media dei procedimenti – ad esempio a Firenze che li esprime senza timore, ad esempio nel terremotato settore della (spesso denegata) giustizia civile – fa sempre tremare i polsi.

Quanto serve per ottenere giustizia (di primo grado, non allarghiamoci troppo) in una causa di lavoro? Cinquecentoventisette giorni. In una procedura fallimentare? 2123 giorni. Per un’esecuzione immobiliare? 1492. Per separazioni e divorzi contenziosi? 826. Per contenziosi civili? 951. E questo solo nel civile. Dove peraltro c’è gente che rischia di morire di fame, o anche di morire e basta, prima di riuscire ad avere quel che è suo. Insomma, dato per scontato che contenziosi è meglio non averne mai con nessuno, il primo della lista è proprio quello con i tribunali. Eppure c’è chi parla di tecnologia, di informatica, di modernizzazione della giustizia. Tutte belle parole, ma negli uffici giudiziari di oggi è anche difficile trovarlo, un computer. E non perché non ci sia, ma perché a volte scompare e non si trova più, sepolto da una quantità di carta insensata.