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lupo
Arezzo, 7 febbraio 2025 – Lupi: dall’emergenza al grottesco
Giovanni e Bernardo Contena, due fratelli rapinati dallo Stato
La pastorizia in Italia sta vivendo un momento drammatico. Non per mancanza di
competenze, né per l’incapacità di produrre alimenti di qualità nel rispetto dell’ambiente e
del benessere animale.
Il problema non è economico in senso stretto, bensì politico e ideologico. Oggi, chi
alleva bestiame deve affrontare un nemico che indossa una maschera da lupo.
Giovanni e Bernardo Contena sono due imprenditori zootecnici che hanno ereditato un
mestiere antico, fatto di sacrificio e passione.
Producono carne e latte che rappresentano l’eccellenza del loro territorio, contribuendo
alla salvaguardia di una tradizione millenaria. Eppure, il loro lavoro viene distrutto
sistematicamente da predazioni sempre più frequenti e, ancor più, dall’opera di uno Stato
pavido e finanche connivente con quelli che hanno creato il problema che sta
distruggendo il loro lavoro.
Per decenni, la narrazione mainstream ha
dipinto il lupo come una specie a rischio,
bisognosa di protezione assoluta. Eppure,
da almeno vent’anni, il tema ha smesso di
essere una questione scientifica ed è
diventato un argomento di interesse
economico, politico e persino ideologico,
addirittura quasi religioso.
Il risultato è che, raggiunto un livello di
popolazione accettabile, ogni nuovo lupo
ha finito per rappresentare un problema,
non una risorsa.
Quello che resta di un animale che non verrà
neanche risarcito.
Il cuore della questione sta in quello che viene definito “Incremento Utile Annuo” (IUA),
ovvero la differenza tra i nuovi nati e i decessi di una popolazione, un valore che può
essere rappresentato anche in percentuale. Nel caso del lupo, il tasso di crescita oscilla
tra il 10 e il 20%, ma in alcune zone delle Alpi italiane è arrivato addirittura al 26%. Questo
nonostante la mortalità legata a cause naturali, al bracconaggio e agli incidenti stradali.
Senza un abbattimento controllato che riduca almeno l’IUA – come avviene in Francia – la
pastorizia e la fauna selvatica sono destinate a soccombere.
L’emergenza si è trasformata in grottesco. Da un lato, allevatori costretti a subire danni
economici insostenibili; dall’altro, istituzioni asservite alle pressioni ideologiche degli
“animalambientalisti”. Se non si interviene con politiche di gestione drastiche e
pragmatiche, il futuro di un intero settore verrà cancellato.
Giovanni e Bernardo Contena si sono dotati di tre cani da guardiania, sostenendo un costo
significativo e affrontando un rischio notevole.
La presenza di questi cani può creare conflitti con escursionisti o cacciatori, ma soprattutto
risulta insufficiente nelle aree in cui, come accade nella zona di Ponticino/Laterina non
operano più i cosiddetti "lupi in dispersione". Purtroppo, nella zona di si sono ormai
consolidati almeno due branchi di cinque-sei esemplari, capaci di mettere in fuga i cani da
guardiania in inferiorità numerica.
Va sfatato un mito: il numero di cani da pastore non deve essere proporzionale alle
pecore, ma superiore al numero di lupi presenti nella zona. Eppure, anche con misure
di difesa avanzate, i lupi dimostrano una strategia di attacco raffinata. Attirano i cani da un
lato del gregge con un finto attacco, per poi colpire le pecore alle spalle.
Le uccidono per tornare a nutrirsene
nella notte.
Il livello di scaltrezza di cui è capace
il lupo è dimostrato anche nell’attacco
di ieri: nonostante una recinzione alta
due metri con filo spinato e tre grossi
cani all’interno, i lupi hanno scavato e
sono entrati, sbranando le pecore.
Sei carcasse sono state trovate nel
ricovero notturno, una settima è stata
completamente divorata a 200 metri
dalla recinzione, altre tre pecore sono
rimaste ferite e 10 sono disperse. Un
danno economico pari a due mesi di
stipendio di un impiegato, gettato in
pasto ai lupi.
Voi cosa fareste se qualcuno vi rubasse lo stipendio a fine mese?
Ma la vera domanda è un’altra: a che (chi) servono questi lupi?
A cosa servono questi branchi di lupi in mezzo ai paesi del Valdarno?
Esempio di convivenza con il lupo, secondo gli
“esperti” dovremmo accettare questo scempio e
spendere denaro pubblico per risarcire i danni.
Si parla tanto della difesa della proprietà privata, ma mentre per un furto si può chiamare
la polizia, nel caso dei lupi si arriva al paradosso di vedere le forze dell’ordine coinvolte
nella loro protezione. I Carabinieri, infatti, partecipano ai progetti "Life" per la diffusione e
la tutela dei lupi, finanziati prevalentemente con fondi comunitari, ma anche dai cosiddetti
“portatori di interessi”.
Questa situazione ha portato a una frattura insanabile tra allevatori e istituzioni. In
Svizzera, invece, si adotta un approccio differente: la "difesa proattiva", che è l’esatto
opposto dell’omonima pagliacciata italiana, un progetto fallimentare sperimentato in poche
realtà negli USA e poi sostanzialmente abbandonato, al punto da non essere mai stato
neppure testato in altre parti nel mondo, se non in alcune regioni italiane, dove la politica si
è completamente arresa.
In Svizzera se un lupo si avvicina troppo agli allevamenti o manifesta aggressività, viene
abbattuto immediatamente. A partire dal febbraio 2025, il governo svizzero ha
regolamentato ulteriormente la gestione del lupo, stabilendo un numero minimo di branchi
per regione e permettendo abbattimenti mirati per proteggere la pastorizia e le comunità
locali.
Dal sito del Consiglio Federale del Governo della Svizzera:
Il lupo rimane una specie protetta nonostante la revisione della legge sulla caccia. I
Cantoni possono pertanto abbattere interi branchi solo in casi motivati e a condizione che
sia garantito il numero minimo di branchi in una data regione. Secondo l'ordinanza sulla
caccia, la Svizzera è suddivisa in cinque regioni: in quelle più grandi devono sempre
essere presenti almeno tre branchi, mentre in quelle più piccole due. Inoltre, non è
possibile regolare a titolo preventivo branchi che non provocano danni. La regolazione
preventiva dovrebbe rendere di nuovo timorosi i lupi.
Scendendo nel dettaglio, nell’ordinanza appena entrata in vigore:
Il capoverso 3 stabilisce che per ogni regione si definisca, in funzione delle sue
dimensioni, un valore soglia per il numero minimo di branchi sotto il quale non bisogna
scendere con le misure adottate dai Cantoni: tale valore è pari a tre branchi per le
regioni più grandi (oltre 10 000 km2 ) e a due branchi per le regioni più piccole
(meno di 10 000 km2 ). L’articolo 4b capoverso 3 lettera c (abbattimento di tutti i lupi di un
branco) può essere applicato soltanto se il suddetto valore soglia è stato superato ed,
eliminando il branco, non si scende al di sotto di esso.Considerando che la provincia di
Arezzo ha una superficie di 3.233,08 km2, e che un branco arriva ad avere un numero
massimo di 12/14 lupi, quanti di questi animali dovrebbero esserci nella nostra Provincia
se si trovasse in Svizzera?
...ad occhio e croce quelli che ci sono nella sola Ponticino.
A dicembre del 2024 un cacciatore della zona si è trovato a dover difendere il proprio cane
dall’assalto di 5 lupi.
Si è appoggiato ad una quercia, ha bloccato il cane in mezzo alle proprie gambe ed ha
avuto il coraggio ed il sangue freddo di non mettersi a sparare sui lupi, che poi si sono
allontanati.
La Svizzera sta dimostrando che si può bilanciare la tutela della fauna selvatica con la
protezione degli allevatori. L’Italia, invece, continua a sacrificare interi settori produttivi
sull’altare di un’ideologia che ignora la realtà, ma anche la scienza stessa.
I Comitati "Emergenza Lupo – Arezzo" e "Resistenza Pastorale", accompagnati dal Vice
Presidente del Consiglio Regionale della Toscana, il Consigliere Marco Casucci, si sono
recati nel luogo dell’ennesima predazione ed hanno espresso la piena solidarietà a
Giovanni e Bernardo Contena e a tutti gli allevatori che lo Stato italiano ha deciso di
abbandonare.
Hanno pertanto deciso di chiedere a gran forza un incontro con il Prefetto di Arezzo, per
rappresentare lo stato di degrado del territorio della Provincia di Arezzo, un territorio dove
la sicurezza dei cittadini viene messa in pericolo, anche dal punto di vista della tutela della
proprietà privata e della libertà personale.
Per dare un termine di paragone, ad oggi la Provincia di Arezzo ha circa il doppio dei lupi
che ci sono nel Parco di Yellowstone (che ha una media di 100 lupi nel territorio), che è
un’area disabitata che è grande quanto le provincie di Arezzo, Firenze, Lucca e Prato!
È tempo di un cambio di prospettiva: la tutela della biodiversità deve essere subordinata
alla sicurezza e alla sopravvivenza di chi vive e lavora sul territorio», conclude il Comitato Emergenza Lupo.