Pisa, 19 marzo 2025 – Roberto Buizza, professore ordinario di fisica della Scuola Sant’Anna di Pisa, esperto internazionale di meteo e clima, ci sono delle cause per questo evento disastroso?
“Dal punto di vista meteo, c’è stata una saccatura in quota a larga scala che ha portato masse d’aria con alto contenuto di umidità dall’Atlantico e dal Mediterraneo verso l’Italia. È stato estremo in termini di precipitazione perché il contenuto di umidità dell’aria era molto alto. Non era dissimile dagli eventi di Valencia e dell’Emilia Romagna dell’ottobre 2024”.
Il cambiamento climatico non c’entra?
“Consideri che per il disastro di Valencia, il World Weather Attribution ha stimato che il cambiamento climatico ha contributo a rendere quell’evento più probabile e più estremo. Analizzando anche quest’ultimo episodio, mi aspetto risultati simili”.
Quindi c’entra.
“Sì. Il risultato dell’analisi del Wwa su 26 eventi estremi (su 219 registrati) del 2024, dice che il cambiamento climatico durante questi disastri ha contribuito alla morte di 3.700 persone e all’evacuazione di altri 26 milioni. Se pensiamo che lo studio ha analizzato solo circa il 10% del 2024, può capire come l’impatto del cambiamento climatico sia anche sottostimato”.
C’è modo di evitare tutto ciò?
“Rendendo il territorio più resiliente, tipo realizzando opere per incanalare l’acqua dei fiumi in aree di contenimento, possiamo contenere i danni. Se lavoriamo con la natura, invece che ucciderla, possiamo riuscire a gestire meglio tutto”.
Basta questo?
“No. Se vogliamo evitare che nel futuro questi eventi divengano sempre più frequenti ed estremi dobbiamo ridurre le emissioni di gas serra, e dire addio ai combustibili fossili”.
Ma le città potranno riuscire a sopportare a lungo queste alluvioni rimanendo “illese“?
“Dipende dai governi che eleggiamo: se continuano a dedicare poche risorse a rendere il territorio resiliente e a rimandare la riduzione dell’utilizzo di combustibili fossili, sarà molto difficile e sempre più costoso salvaguardare le città. Purtroppo l’Italia è molto esposta all’impatto del cambiamento climatico ed è nell’interesse del Paese raggiungere presto l’obiettivo di zero-emissioni nette”.
Potremo contare sull’Arno, catalizzatore del maltempo?
“Solo se c’è interesse nella manutenzione del territorio. Faccia conto che l’acqua che cade nel bacino dell’Arno determina la sua portata. Più si tagliano i boschi, meno l’acqua che cade sulle colline viene assorbita localmente dal terreno, e quindi più velocemente arriva nei vari affluenti dell’Arno”.
C’è sempre lo scolmatore.
“Se non si mantiene il territorio, e non si riducono le emissioni di gas serra, gli investimenti in opere come scolmatori e casse di espansione, che hanno evitato questa volta che l’Arno allagasse Firenze e Pisa, perderanno la loro efficacia. Il riscaldamento globale renderà questi eventi più frequenti e intensi e gli strumenti odierni potrebbero non bastare”.
Le previsioni prevedono pioggia in arrivo dal 22 al 26 marzo, ci dobbiamo preoccupare?
“Dobbiamo monitorare la situazione. La previsione delle prossime piogge indica quantità distribuite su vari giorni. Il fatto che il terreno è già instabile potrebbe far sì che causino altri danni ed evacuazioni”.
Cosa pensa delle case costruite nelle golene dei fiumi?
“Una follia e un errore dare i permessi a costruirle in tali zone”.