Barbiana (Mugello), 27 maggio 2023 - Dall’“I care’ contro l’egoismo e l’indifferenza alla scuola come leva per contrastare le povertà e le diseguaglianze. E il merito come mezzo per offrire opportunità a chi non ne ha. Sono tanti gli argomenti toccati dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, alle celebrazioni per i cento anni di don Milani.
Scuola come patrimonio di tutti
"La scuola è di tutti. La scuola deve essere per tutti. Spiegava don Milani, avendo davanti a sé figli di contadini che sembravano inesorabilmente destinati a essere estranei alla vita scolastica: "Una scuola che seleziona distrugge la cultura. Ai poveri toglie il mezzo di espressione. Ai ricchi toglie la conoscenza delle cose". Impossibile non cogliere la saggezza di questi pensieri. Era la sua pedagogia della libertà”, ha detto Mattarella.
“Il motore del merito”
"Il motore primo delle sue idee di giustizia e uguaglianza era proprio la scuola. La scuola come leva per contrastare le povertà. Non a caso oggi si usa l'espressione 'povertà educativa' per affermare i rischi derivanti da una scuola che non riesce a essere veicolo di formazione del cittadino. La scuola per conoscere. Per imparare, anzitutto, la lingua, per poter usare la parola. La povertà nel linguaggio è veicolo di povertà completa, e genera ulteriori discriminazioni. La scuola, in un Paese democratico, non può non avere come sua prima finalità e orizzonte l'eliminazione di ogni discrimine". E poi l’importanza di premiare il merito. "Il merito non è l'amplificazione del vantaggio di chi già parte favorito. Merito è dare nuove opportunità a chi non ne ha, perché è giusto e per non far perdere all'Italia talenti preziosi se trovano la possibilità di esprimersi, come a tutti deve essere garantito". "I suoi ragazzi - ha aggiunto riferendosi agli alunni della scuola di Barbiana, - non possedevano le parole. Per questo venivano esclusi. E se non le avessero conquistate, sarebbero rimasti esclusi per sempre. Guadagnare le parole voleva dire incamminarsi su una strada di liberazione. Ma chiamava anche a far crescere la propria coscienza di cittadino; sentirsi, allo stesso tempo, titolare di diritti e responsabile della comunità in cui si vive". Insomma, nella sua "inimitabile azione di educatore" don Milani "pensava alla scuola come luogo di promozione e non di selezione sociale. Una concezione piena di modernità, di gran lunga più avanti di quanti si attardavano in modelli difformi dal dettato costituzionale".
L’importanza di infondere la voglia di imparare
“La scuola di Barbiana durava tutto il giorno" e con essa don Lorenzo Milani "cercava di infondere la voglia di imparare, la disponibilità a lavorare insieme agli altri. Cercava di instaurare l'abitudine a osservare le cose del mondo con spirito critico. Senza sottrarsi mai al confronto, senza pretendere di mettere a tacere qualcuno, tanto meno un libro o la sua presentazione. Insomma, invitava a saper discernere". Ecco un’altra riflessione fatta dal presidente Mattarella, che ha poi ricordato che don Lorenzo Milani, "era stato mandato qui, a Barbiana, in questo borgo tra i boschi del Mugello perché i suoi canoni, nella loro radicalità, spiazzavano l'inerzia. La sua fede esigente e rocciosa, il suo parlare poco curiale, i suoi modi, a volte impetuosi, lontani da quelli consueti, destavano apprensione in qualche autorità ecclesiastica. In tempi lontani dalla globalizzazione e da internet, da qui, da Barbiana - allora senza luce elettrica e senza strade asfaltate - il messaggio di don Milani si è propagato con forza fino a raggiungere ogni angolo d'Italia; e non soltanto dell'Italia".
E ancora: “Fare crescere le persone, fare crescere il loro senso critico, dare davvero sbocco alle ansie che hanno accompagnato, dalla scelta repubblicana, la nuova Italia. Don Lorenzo avrebbe sorriso di una sua rappresentazione come antimoderno se non medievale. O, all'opposto, di una sua raffigurazione come antesignano di successive contestazioni dirette allo smantellamento di un modello scolastico ritenuto autoritario”.
I Care come motto universale
Don Milani è stato “un grande italiano che, con la sua lezione, ha invitato all'esercizio di una responsabilità attiva. Il suo ‘I care’ è divenuto un motto universale. Il motto di chi rifiuta l'egoismo e l'indifferenza. A quella espressione se ne accompagnava un'altra. Diceva: ‘Finché c'è fatica, c'è speranza’. La società, senza la fatica dell'impegno, non migliora. Impegno accompagnato dalla fiducia che illumina il cammino di chi vuole davvero costruire. E lui ha percorso un vero cammino di costruzione”. Lo ha detto il presidente Sergio Mattarella chiudendo il suo intervento a Barbiana.