MAURIZIO COSTANZO
Cronaca

9 novembre 1971, la tragedia della Meloria

Dieci aerei partirono in successione, ma a un certo punto 'Gesso 4' scomparve dai radar senza neanche dare l’allarme: morirono tutti i militari a bordo. Dieci corpi non furono mai trovati e quello che accadde non fu mai chiarito

Aereo (foto di repertorio)

Aereo (foto di repertorio)

Firenze, 9 novembre 2024 – Era il 9 novembre del 1971 quando si verificò la tragedia della Meloria, passata alla storia per essere stato il più grave incidente aereo occorso alle Forze Armate italiane nel dopoguerra. Erano le prime ore del mattino quando, nel riquadro di mare a largo di Livorno, nelle secche di Meloria, precipitò un C-130 della Royal Air Force, che d’un tratto sparì dai radar e si inabissò inspiegabilmente. Il fatto avvenne durante un’esercitazione Nato. Nell’incidente persero la vita 46 paracadutisti italiani della Folgore e i 6 membri dell'equipaggio inglesi che erano a bordo. Nell'ambito delle operazioni per la localizzazione del relitto del velivolo, si registrò anche la morte di un sommozzatore del Col Moschin. Ma perché quell’esercitazione congiunta con gli inglesi? Innanzitutto bisogna inquadrare il momento storico: finita la Seconda Guerra Mondiale, col Patto Atlantico che diede vita alla Nato, incominciarono delle collaborazioni tra forze armate di diversi Paesi. In questo caso, l’obiettivo era da una parte implementare la sicurezza sui lanci dei paracadutisti, e dall’altra sperimentare nuovi velivoli e un possibile aumento del numero di uomini che si sarebbero potuti lanciare. L’Italia all’epoca disponeva dei bimotore Fairchild C-119 Flying car, ma stava cercando aerei migliori di quello, e più operativi. I più anziani ricordano ancora il rumoroso passaggio che questi arerei facevano su Pisa. Da qui l’idea di collaborare con gli inglesi, in varie esercitazioni tra il 1970 e il 1971 che avrebbe fatto comodi a entrambi: le forze armate italiane avrebbero così potuto sperimentare nuovi velivoli, e gli inglesi avrebbero fatto addestramento sui voli tattici. Quella fatidica mattina dall’Aeroporto Militare di Pisa decollarono in tutto dieci aerei, tutti inglesi. Per indicarli e riuscire a distinguerli, vennero numerati da 1 a 10, col gesso che si usa a scuola per scrivere sulle lavagne. Il numero venne scritto sulle fiancate delle fusoliere. Il primo aereo, denominato Gesso 1, decollò alle 5 e 41 in punto, seguito, 15 secondi dopo, da Gesso 2, e così fecero gli altri, sempre a distanza di 15 secondi l’uno dall’altro, a parte Gesso 9 e 10 che spiccarono il volo successivamente. Ad un certo punto, Gesso 4 sparì all’improvviso dai monitor e, cosa più strana, senza dare nessun allarme. Gesso 5, che lo seguiva, ebbe solo il tempo di notare, e riferire, un lampo di fuoco che si stagliava sul mare. A causare quella tragedia fu un errore umano oppure, perché la quota era molto bassa, c’ara stato un impatto con l’acqua? La commissione d‘inchiesta non arrivò mai ad appurarlo e chiarirlo scientificamente una volta per tutte. Il relitto dell’aereo non fu individuato subito, ma solo il 14 novembre e a 500 metri di profondità. Quello che è certo è che in quell'incidente persero la vita tutti i militari a bordo, anche se dieci corpi non furono mai trovati. Quello che accadde all’aereo ‘Gesso 4’ resta, ad oggi, un mistero.