Siena, 17 gennaio 2016 - L’epidemia di meningite che ha colpito la Toscana potrebbe durare anche dieci anni. Più che un allarme, è una "valutazione basata sull’esperienza", quella di Rino Rappuoli, scienziato di fama mondiale, amministratore delegato di Gsk Italia.
"Quando un nuovo ceppo di meningococco si introduce nella popolazione – spiega Rappuoli – la storia dell’epidemiologia insegna che può avere un andamento di dieci-quindici anni, in assenza di interventi massicci di contrasto. In genere inizia con picchi molto alti, poi si stabilizza".
Nei primi giorni dell’anno si sono già verificati cinque casi, che aggiunti ai trentotto del 2015 (con sette decessi) portano la quota totale a oltre quaranta. Gli ultimi contagi, che sembrano stabilizzati, sono stati registrati a Lucca, Prato e Arezzo. Un dato allarmante, tale da scuotere la tranquillità della popolazione toscana e diventare questione all’ordine del giorno per l’assessore alla salute Stefania Saccardi, che ha rilanciato la necessità di aderire con forza alla campagna di vaccinazione, riconosciuta come unico strumento utile per arginare il consolidamento della malattia.
Professor Rappuoli, in Toscana siamo già alla fase del picco dell’epidemia o dobbiamo aspettarci di peggio?
"Come dimostrato in questi giorni, l’arrivo del freddo porta a un aumento dei casi, proprio come accade per l’influenza. Va detto che nella nostra regione è stata fatta un’opera di prevenzione di fondamentale importanza: se non fosse attiva dal 2005 la vaccinazione per i bambini, salvaguardando così tutti da 0 a 10 anni, adesso avremmo sicuramente registrato molti casi tra i più piccoli, con un elevato rischio di mortalità infantile".
Il vaccino è l’unico strumento per intervenire contro la malattia?
"Non ci sono alternative. Anche oggi la meningite fa registrare un tasso di mortalità tra l’8 e il 25 per cento, non molto diversa da quella del 1930, quando sono stati introdotti gli antibiotici abbattendo i dati precedenti. Purtroppo la malattia è rapidissima, i primi sintomi spesso sono banali come mal di testa o febbre ed è impossibile riconoscerla. E nei casi di conseguenze mortali, spesso non c’è tempo materiale per intervenire".
Ma quali sono i soggetti più a rischio e quindi da vaccinare per primi?
"Intanto i bambini e qui la Toscana ha già fatto un grandissimo lavoro. Poi gli adolescenti tra i 14 e i 18 anni, anche se in realtà sono maggiormente a rischio di trasmissione tutti coloro che frequentano luoghi affollati. La cosa tremenda di questa malattia è che per lo più colpisce, con grande velocità, persone giovani e sane. Più si estende la vaccinazione, più alta è la probabilità di intervenire, perché non c’è altro modo di prevenire o curare la malattia. Nel 1999/2000, come Chiron, fummo chiamati dal governo inglese. Avevano 1500 casi all’anno di meningite C, moltissimi nei bambini. Vaccinammo tutta la popolazione da 2 mesi a 18 anni e nel giro di un anno la malattia era praticamente scomparsa, con qualche residuo nella popolazione anziana. Nel 2004 un progetto simile è stato realizzato in Nuova Zelanda, con un vaccino sviluppato appositamente a Siena".
Negli ultimi mesi si è sviluppata una corrente anti-vaccini, lei come la valuta?
"Nel caso della meningite, non vaccinare significa mettere seriamente a rischio la vita di un bambino o di un giovane. Non so quale genitore si sentirebbe di correre un rischio del genere, soprattutto in questo momento in Toscana".
C’è una spiegazione all’arrivo e allo sviluppo di questo tipo di meningococco?
"In realtà no, è un ceppo strano chiamato St 11. È un evento accaduto qui, ma di eventi simili se ne possono contare altri nel mondo. In questo momento in Colombia sono alle prese con il B, in Cile e Argentina con il W, non sappiamo come sia questo possa essere arrivato proprio in Toscana".