STEFANO BROGIONI
Cronaca

Troppe ombre nell’ultima notte di Milva. Gli inquirenti: luoghi e orari non tornano

La rilettura dei fatti di 25 anni fa porta a concentrarsi su un artigiano di Castellina. Ma non è suo il Dna trovato su una delle vittime

Milva Malatesta

Milva Malatesta

Firenze, 8 aprile 2021 - Potrebbe essere un uomo sfortunato, Nicola Fanetti: lambito due volte da due delitti atroci, da tre morti ancora senza un perché. Attenzionato per giorni nell’agosto del 1993, per spiegare nei dettagli ogni attimo di quella notte in cui doveva incontrare Milva Malatesta, che sarà poi trovata carbonizzata nella sua Panda con il figlioletto Mirko.

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Indagato nel 2021, per un altro omicidio mai risolto, quello della tassista senese Alessandra Vanni. Il pm Marini sta facendo ogni accertamento. Ma dalla parte di Fanetti c’è un dna che, secondo indiscrezioni, non combacerebbe con quello ricavato da sotto le unghie della tassista, strangolata la notte tra l’8 il 9 agosto del 1997 nello stesso paese in cui vive l’artigiano.

Che oggi ha 60 anni, e ne aveva 32 quando frequentava Milva. Un intreccio di nomi, date, luoghi. E orari: quelli del 19 agosto di 28 anni fa, con buchi temporali mai riempiti. E poi fatti anomali, o forse solo coincidenze. Comunque suggestioni.

Milva, con il figlio sul seggiolino agganciato al divano posteriore, partì da casa sua, a Certaldo, intorno alle 21.30 di quella sera afosa – era un mercoledì -, ma il rogo che uccise Mirko (lei, dirà l’autopsia, era già morta) divampò intorno alle 3 del mattino successivo.

Qualcuno ha visto mamma e figlio, in quel lasso di cinque ore abbondanti? Nessuno. O almeno, questo è quello che hanno ricostruito gli inquirenti dell’epoca. A caldo, oltre a Fanetti, furono sentiti due testimoni, una coppia della zona che si trovò a passare da Oliena, dove Fanetti disse di essere finito fuori strada con l’Ape. Lui chiese aiuto e loro gli diedero un passaggio.

Prima tappa, il distributore di San Donato. Milva non c’è. Non c’è la sua auto. Non c’è nessuno. C’è un telefono pubblico. "Perché non ha chiamato la donna, visto che era arrivato in ritardo", chiesero gli inquirenti a Fanetti.

Lui rispose di non averci pensato e di aver approfittato della coppia per farsi accompagnare a casa, da dove, con il padre, andrà all’ospedale di Siena a farsi medicare. La telefonata di Fanetti, a casa Malatesta, arriverà l’indomani mattina, quando i corpi carbonizzati erano già stati trovati e riconosciuti.

Nei verbali, Fanetti precisò anche di non avere la patente. Secondo una delle nuove ipotesi investigative, la Panda sarebbe stata spostata fino a Poneta (abbastanza distante da San Donato) per simulare un incidente ma anche allontanarla dal luogo dove sarebbe stata uccisa la donna. Dov’era nascosta l’auto prima che intorno alle 3, divampasse il rogo, innescato con della miscela presa da una tanica?

L’incidente. Perché sulla Provinciale dove Fanetti si ribaltò con l’Ape c’erano i pezzi del fanalino posteriore del suo motocarro e dei frammenti in plastica che, secondo una consulenza merceologica agli atti, appartengono a un paraurti anteriore di una Panda dello stesso modello di quella di Milva?

Forse c’è qualcosa che non è mai emerso finora. In quel punto, poi, non c’erano soltanto questi pezzi che potrebbero far pensare a un tamponamento (o a uno speronamento). C’era anche un tappo a vite di plastica, del diametro interno di 38 millimetri e 3 di passo della filettatura. E a Poneta, venne trovata la tanica (oggi misteriosamente sparita) ma nessun tappo.

Suggestivo anche che le perizie abbiano stabilito che il combustibile usato per incendiare il mezzo fosse miscela, ovvero il carburante che alimentava un’Ape ma pure una Vespa posseduta, secondo l’accusa dell’epoca, dall’ex marito di Milva, Francesco Rubbino. Anche Fanetti quella sera aveva con sè una tanica piena di miscela. Disse che non era quella ritrovata accanto alla Panda, ma che era andata persa nel capitombolo dell’Ape.