FABRIZIO MORVIDUCCI
Cronaca

Rubare ai tedeschi le mappe della Gotica, la missione segreta di Vittorio Sorani

Nell'80esimo dalla fine della guerra in città, emergono nuovi dettagli sulla Brigata V, il reparto di ex militari del regio esercito che combatterono contro i nazifascisti e accelerarono la liberazione di Firenze prima, e poi la fine della guerra

Vittorio Sorani

Vittorio Sorani

Firenze, 28 agosto 2024 - V come Vittoria, o meglio come Vittorio Sorani, il nome del suo comandante. La storia della liberazione di Firenze ci porta indietro nel tempo con uno dei file segreti rimasti a lungo in un cassetto, ovvero quello della Brigata V, un reparto di mille uomini che provenivano dalle forze armate (regio esercito e carabinieri) e dopo la caduta del regime decisero di stare con gli alleati, ma dietro le linee nemiche. Le celebrazioni della Liberazione, le immagini dei feriti portati a spalla dai commilitoni durante la battaglia di Firenze e l’atto di eroismo dei tre carabinieri di Fiesole hanno riaperto un vaso delle emozioni che anche dopo gli eventi ufficiali tiene alta la memoria e il ruolo degli uomini e delle donne che dettero il loro contributo per il ritorno alla democrazia. Uno di questi è sicuramente Vittorio Sorani. Sorani si pose alla guida di un gruppo di 36 ex militari come lui sul passo della Futa, fin dalle prime ore dopo l’annuncio dell’armistizio. La formazione partigiana venne chiamata “Brigata V”, proprio dal nome del suo creatore. La brigata, che faceva parte della divisione “Giustizia e Libertà”, si volle apolitica e rimase tale fino al suo scioglimento, avvenuto il 7 settembre del 1944. In tutto arrivarono a essere 1069 uomini, di cui solo 91 civili. I loro interventi si concentrarono in prevalenza in Toscana, ma alcune di queste squadre operarono anche a Milano. La maggior parte degli aderenti furono, comunque, militari delle varie armi che, dopo l’8 settembre, decisero di abbandonare i loro reparti. Della brigata V facevano parte i tre carabinieri trucidati a Fiesole, Alberto La Rocca, Vittorio Marandola e Fulvio Sbarretti, e la crocerossina Tina Lorenzoni, uccisa a 25 anni mentre stava lavorando alla mappatura delle linee tedesche per consegnare poi agli alleati le mappe con le postazioni nemiche. Catturata da una pattuglia tedesca, venne portata a Villa La Cisterna, dove venne rinchiusa in una stanzetta per essere interrogata. Rimasta sola, l’indomani tentò di fuggire, ma, mentre tentava di scavalcare il reticolato di recinzione, venne uccisa da una raffica di mitra in Via Bolognese. Vittorio Sorani ebbe l’abilità di infiltrare componenti della brigata V in molte caserme, come pure in molti uffici di enti militari, con lo scopo di carpire circolari riservatissime emanate dal comando tedesco tra cui i piani per la linea Gotica, oltre che evitare deportazioni, arresti e fucilazioni. Sorani, che aveva un mandato di arresto a suo carico (insabbiato da diversi dei suoi uomini che per assurdo avrebbero dovuto eseguirlo) veniva informato dei progressi della Brigata V durante incontri notturni, nei quali si faceva il punto dei sabotaggi e del furto di documenti di intelligence. Il centro e base della “Brigata V” erano l’ospedale di Camerata e la zona di San Domenico. Il 7 settembre 1944 vennero sciolte tutte le formazioni combattenti e i partigiani sfilarono per le vie della città fra gli applausi della folla; ma 84 uomini della “Brigata V”, su richiesta del Comando Alleato, si aggregarono alle avanguardie alleate fino alla liberazione di Bologna. Sorani per le sue azioni guadagnò la medaglia della Nato, finché è stato in vita si è battuto perché la liberazione fosse una festa di tutti, non un'occasione di scontro politico.