Firenze, 18 dicembre 2022 - Abbiamo pochi punti fermi per fare chiarezza sulla tragedia del Moby Prince. Sono trascorsi più di trent’anni, ma la verità su quella maledetta notte al largo di Livorno non è ancora stata scritta. Si sono inseguite le più svariate e suggestive ipotesi, però la morte di quelle 140 persone a bordo del traghetto non ha ancora un colpevole. O più colpevoli. Tuttavia, la commissione parlamentare d’inchiesta che ha lavorato su questa vicenda (e che ora non è più in carica poiché appartenente alla trascorsa legislatura) ha messo nero su bianco, con riscontri, su alcuni aspetti importantissimi.

Tanto per cominciare è stata esclusa in via definitiva la nebbia: quella notte del 10 aprile 1991 al largo di Livorno non c’era. La nebbia è una tipica protagonista delle inchieste giudiziarie incompiute in Italia, complica le cose e addirittura le fuorvia. Ebbene, in questo caso è stato appurato che la collisione non avvenne a causa della scarsa visibilità dovuta all’agente atmosferico in quanto del tutto assente.
Altro aspetto importantissimo sul quale la commissione parlamentare ha messo un punto fermo è che a bordo del Moby Prince non c’era esplosivo. Si era ipotizzato addirittura il Semtex, l’esplosivo usato da Cosa Nostra, o altra polvere impiegata per le cave in Sardegna. Nulla di tutto questo. Ci sono voluti anni e varie perizie, ma alla fine quella di Danilo Coppe ha escluso categoricamente l’esplosivo. Infine - terzo dato importantissimo - i deputati hanno potuto ricostruire con estrema sicurezza che nello scenario della tragica collisione fra il Moby e l’Agip Abruzzo prese parte attiva anche una terza nave. Sì, un terzo natante che in qualche modo avrebbe ostacolato, o quantomeno condizionato, la rotta del traghetto della Navarma diretto in Sardegna. La ricostruzione della commissione parlamentare d’inchiesta si è avvalsa di testimonianze e sussidi tecnologici certi, non importa qui entrare nei dettagli.
"Non abbiamo potuto dare risposte certe sull’identificazione della terza nave - disse allora il presidente della commissione, Andrea Romano - perché non ne abbiamo avuto il tempo a causa della fine anticipata della legislatura, ma abbiamo suggerito nella relazione conclusiva due piste da seguire in futuro sia da parte della magistratura che del prossimo Parlamento. Una riguarda la nave ’21 Oktobaar II’, che è un ex peschereccio somalo; l’altra è la presenza nel tratto di mare interessato di una o più bettoline impegnate in possibili operazioni di bunkeraggio clandestino". La ’21 Oktobar II’, per inciso, comparve anche nell’inchiesta sulla morte della giornalista Rai Ilaria Alpi. Questi sono i punti fermi. Questo è ciò che è scritto. Questo è il porto da cui salpare per approdare alla verità sulla più grande sciagura della marineria civile italiana dal dopoguerra a oggi.