Sotto il vestito niente. La moda in Toscana non riemerge: “Dobbiamo salvare i posti di lavoro”

Licenziamenti già iniziati, giù tutti gli indicatori, la risalita è lontana. “Ripresa prevista nella metà del 2025, ma si rischia di non avere più aziende”

Una lavoratrice del comparto moda (Foto di repertorio)

Una lavoratrice del comparto moda (Foto di repertorio)

Firenze, 4 settembre 2024 – Le grandi e piccole aziende della moda hanno riaperto dopo la pausa estiva, ma non certo in un clima sereno. Questo scorcio di fine 2024 potrebbe infatti portare a un aggravamento della crisi, dovuta a una serie di concause. I consumi interni al palo, il 30% del calo delle esportazioni di calzature, che prima delle sanzioni andavano in Russia, la Cina – primo cliente della moda toscana – che sta nazionalizzando la produzione, le tensioni in Medio Oriente che non aiutano le vendite di capi di abbigliamento, la crisi economica che sta vivendo la Germania, importante mercato per i nostri prodotti, e persino il cambiamento climatico, che non incentiva gli acquisti di capi invernali sui quali le aziende fatturano di più.

«Siamo molto preoccupati – spiegano Gianluca Persico, segretario Filctem Toscana, e Loris Mainardi, della Filctem Cgil Toscana – perché la situazione è molto complessa in tutto il comparto. Si registra un rallentamento importante per le grandi firme, il tessile di Prato è in difficoltà e anche nella pelle ci sono già stati i primi licenziamenti, in particolare nelle aziende artigianali sotto i 15 dipendenti. Da un’indagine di Assocalzaturifici risulta che l’export verso la Svizzera, dove ci sono gli hub delle grandi firme, è calato dell’82%». «Il nostro timore – aggiungono – è che alcune imprese di piccole dimensioni possano non riaprire i battenti. In altre, la cassa integrazione è agli sgoccioli ed è per questo che chiediamo l’azzeramento dei contatori e il rifinanziamento degli ammortizzatori sociali nell’artigianato. La priorità è salvare i posti di lavoro, perché si rischia che quando arriverà la ripresa, attesa per metà 2025, non ci saranno più le aziende dei nostri distretti, di Pisa, Fucecchio, Scandicci, Prato, Pistoia e Arezzo».

Sono mesi, ricordano, «che cerchiamo di alzare il livello di attenzione sulle criticità che affliggono il settore e, in particolare, il tessile, la concia, le pelli e le pelletterie». Comparti che, «nei primi mesi del 2024, hanno registrato la peggiore performance del made in Italy: si va da un calo produttivo nazionale su base annua dell’8,8% con una grave e preoccupante accentuazione nel periodo pre-ferie del 9,3%, a punte della pelle che arrivano addirittura in doppia cifra». In questo contesto, «una lettura errata sarebbe considerare questi settori esclusivamente riferibili ai grandi brand. In realtà sono ad alta vocazione artigiana, legata alle committenze dei brand». E di fatto «costituiscono una massa importante in un sistema caratterizzato dall’alta densità di piccole imprese e di imprese artigiane».

Una moratoria sui finanziamenti garantiti e la proroga degli ammortizzatori sociali è quanto chiedono anche gli artigiani di Cna Federmoda. «È da febbraio che denunciamo questa situazione e ancora di concreto non è successo niente. Dai dati Unioncamere si evince che in Toscana, nel primo semestre 2024, ha chiuso il doppio delle aziende che hanno chiuso in tutto il 2023», afferma Paolo Pernici, presidente di Cna Federmoda Toscana. «Molte aziende – sottolinea – hanno finito le ore di cassa integrazione disponibili e stanno provando a stare in piedi con contratti di solidarietà. Per questo temiamo che ci saranno altre chiusure da qui a fine anno». L’incontro nazionale del 6 agosto scorso al ministero non ha soddisfatto le associazioni di categoria. Il 18 settembre sarà a Roma l’assessore regionale Alessandra Nardini, convocata dal capo di gabinetto del ministero del Lavoro, ma il tempo è scaduto.

«Il rientro è difficile, da affrontare in modo unito e coeso», sottolinea Niccolò Moschini, vicepresidente con delega al manifatturiero, moda e made in Italy di Confindustria Toscana Centro e Costa, secondo cui «oggi non basta porre semplicemente attenzione a una delle crisi più severe degli ultimi decenni, ma occorre individuare politiche industriali di lungo respiro che si traducano subito in risposte tangibili ed efficaci, al fine di tutelare, proteggere e valorizzare i nostri distretti toscani della pelletteria, della calzatura e dell’abbigliamento, unici per competenze, qualità ed eccellenza».