Firenze, 30 dicembre 2021 - Una telefonata del ministro della Giustizia, Marta Cartabia, ha reso un po’ meno nero il terz’ultimo giorno del 2021 in casa Ciatti. Il Guardasigilli ha chiamato la famiglia di Niccolò mercoledì sera, dopo aver appreso della rocambolesca scarcerazione da Rebibbia, «per un difetto di procedibilità», di Rassoul Bissoultanov, il 28enne ceceno ritenuto il principale responsabile della morte del giovane di Scandicci, avvenuta nell’agosto del 2017 a Lloret de Mar, dove si trovava in vacanza con gli amici.
«Il ministro ci ha espresso la sua personale vicinanza e ci ha assicurato che farà quanto è nelle sue possibilità, coinvolgendo anche il ministro dell’Interno, per verificare cosa possa essere accaduto», dice Luigi Ciatti. La telefonata del ministro ha fatto piacere a una famiglia che da anni lotta per avere giustizia per la tragica fine di loro figlio, così come sono state gradite le manifestazioni di vicinanza di altri politici incontrati e conosciuti in questi quattro anni di cammino. Ma Luigi Ciatti, la moglie Cinzia e la figlia Sara, sono anche abbattuti per l’ennesimo inciampo di un procedimento giudiziario incredibilmente lungo e inaspettatamente complicato. Dalla rabbia estiva per la liberazione, la scorsa estate, del lottatore ceceno a causa della decorrenza dei termini di custodia preventiva, al sollievo per il nuovo arresto in Germania e la successiva estradizione in Italia, per poi ripiombare nello sconforto della decisione dei giudici di Roma: Bissoultanov libero a pochi giorni dall’inizio del giudizio perché la misura a suo carico è stata richiesta quando non si trovava sul suolo italiano.
«Non sono un giurista o un avvocato ma riesco a comprendere che quanto sta accadendo è un’anomalia, rappresenta un problema per il regolare svolgimento del processo ma soprattutto non è giusto», ha scritto il deputato fiorentino di Italia Viva, Gabriele Toccafondi, rivolgendosi pure lui al ministro Cartabia per chiederne «l’impegno» nella vicenda.
Sul fronte giudiziario, comunque, resta aperto un piccolo spiraglio. Il pubblico ministero titolare del fascicolo, Erminio Amelio, sta valutando le strade da percorrere in risposta al provvedimento assunto dalla corte d’Assise di Roma su istanza del difensore di Bissoultanov, l’avvocato Francesco Gianzi. Non è escluso che possa essere chiesta una nuova misura cautelare. Resta il problema che l’imputato, che tra poco più di due settimana sarà giudicato (anche in contumacia) dalla stessa corte d’Assise per l’omicidio volontario del 22enne di Scandicci, pare abbia lasciato l’Italia già poche ore dopo la notifica dell’atto, avvenuta prima di Natale. «Figuriamoci se si farà trovare», scuote la testa babbo Luigi, affranto ma determinato a percorrere ogni strada per rendere giustizia a Niccolò. Anche quella di rivolgersi al presidente della Repubblica.