Firenze, 17 ottobre 2023 – Onorevole Nicola Danti, lei è europarlamentare e conosce bene Bruxelles. Come ha trascorso la notte? Paura, sgomento, indignazione?
"Per fortuna, ero a Strasburgo, impegnato nella seduta plenaria del Parlamento Europeo. Siamo stati avvertiti subito della sparatoria, a Bruxelles ci sono alcuni dei miei collaboratori, molti amici, quindi naturalmente ha prevalso la preoccupazione. Ero nella capitale belga il 22 marzo del 2016, quando un comando islamista fece tre attentati, di cui uno alla stazione, procurando 32 morti. Vissi da Strasburgo, l’attentato del dicembre 2018, che causò 5 morti, tra i quali quello del giovane giornalista Antonio Megalizzi. Il timore è di ripiombare nel clima di quegli anni".
La città è in stato di allarme, le scuole europee sono chiuse. Si rivive un film già visto. Gli estremismi non muoiono mai.
"Esattamente, basti pensare a quello che avvenne in Francia, la strage del Bataclan nel 2015 e le similitudini con quella di pochi giorni fa durante il rave party nei pressi della Striscia di Gaza. Nel mirino dei terroristi, giovani che si stavano divertendo, vittime sacrificali di una pervicace cultura dell’odio".
L'Europa ripiomba nell'incubo. O forse non è mai uscita... l'Occidente un simbolo da colpire.
"Sono la democrazia e la libertà, gli avversari principali dell’Isis e di Hamas. Quindi i nostri valori, la nostra storia ma anche la nostra quotidianità. Per questo, non possiamo fare un passo indietro, e difendere la nostra civiltà, il nostro modo di vivere".
C'è chi parla di terza guerra mondiale, un puzzle tragico che si sta manifestando ai nostri confini.
"Non credo sia necessario allarmare, oltre il dovuto. È chiaro che la situazione ed il contesto in cui ci muoviamo, siano difficili. La guerra di Putin in Europa, il Medioriente che torna ad essere una polveriera, la negazione delle radici cristiane in Nagorno-Karabakh: tutte crisi che preoccupano e che ci devono vedere impegnati. C’è bisogno di uno scatto di volontà dell’Europa".
Il dialogo. Lo chiede il Papa, ce lo insegna la nostra cultura. È possibile coltivare questa strada adesso? Il ruolo europeo deve incidere maggiormente? O gli Usa continuano a dettare la linea?
"Dell’Europa le ho detto, serve che Bruxelles torni protagonista, e non un semplice attore dello scacchiere. Io non credo ad un eventuale contrapposizione con gli Usa, ma ad una cooperazione virtuosa, come è stato durante gli anni migliori dell’Alleanza Atlantica. Tra le priorità della nuova legislatura che si aprirà dopo il 9 giugno, scriverei esercito europeo, difesa comune".
Le nostre città sono popolate da etnie diverse, con tanti sforzi la convivenza c'è. Il radicalismo religioso rischia di cancellare i tanti risultati ottenuti?
"Il radicalismo è un virus che scava nella profondità e che rischia costantemente di minare l’equilibrio nelle aree metropolitane. Per questo, oltre alla prevenzione e alla sicurezza, serve la cultura. È con la cultura che si abbattono i pregiudizi".
La ragione più forte della rabbia. È necessario fare vincere la forza delle idee sulle armi. Utopia?
"Certo, creare incessantemente occasioni di dialogo, far prevalere, lo sottolineavo prima, la cultura, l’ascolto, la mediazione. Questo non vuol dire rinunciare alla deterrenza, alla sicurezza. Direi piuttosto il contrario, la deterrenza fa vincere il confronto sulle idee al posto delle armi".