MARTINA VACCA
Cronaca

“Gli ho dato fuoco”. Omicidio di Agliana, il cognato di Alessio Cini incastrato dalle intercettazioni

Agliana, la procura di Pistoia ha eseguito un decreto di fermo nei confronti di Daniele Maiorino: avrebbe ucciso per motivi economici. A tradirlo le sue stesse parole nella sua macchina

I carabinieri sul luogo del delitto ad Agliana. Nel riquadro, Alessio Cini (foto Ansa) e Daniele Maiorino (Foto Castellani)

I carabinieri sul luogo del delitto ad Agliana. Nel riquadro, Alessio Cini (foto Ansa) e Daniele Maiorino (Foto Castellani)

Pistoia, 20 gennaio 2024 – “Ho perso i’capo, gli ho dato foco . L’ho troncato. Il sangue che veniva fuori". Uno sfogo ad alta voce, di chi ha ancora addosso l’odore della morte inflitta con una crudeltà forse mai provata prima, e che desta impressione persino a chi l’ha usata. Sarebbero queste le parole captate dalle intercettazioni ambientali che, insieme a un quadro indiziario importante e alle registrazioni delle telecamere di sorveglianza, hanno portato gli inquirenti a chiudere il cerchio sul brutale omicidio di Alessio Cini, 57 anni, operaio della Microtex di Prato, preso a sprangate e poi bruciato nell’aia della sua casa, alla Ferruccia di Agliana, all’alba di lunedì 8 gennaio.

Per il brutale omicidio, commesso nel silenzio della campagna, la procura di Pistoia ha eseguito un decreto di fermo nei confronti di Daniele Maiorino, 58 anni di Prato, cognato di Cini. L’accusa che grava su di lui è di omicidio volontario, aggravato dal vincolo di parentela con la vittima e dall’aver agito con sevizie e crudeltà (articoli 575 e 577 del codice penale). L’uomo, sposato con la sorella dell’ex moglie della vittima, con una figlia e un lavoro saltuario nel campo del montaggio di infissi, è stato interrogato per quasi dieci ore fino alla mattina di venerdì, nel comando dei carabinieri di Pistoia. E’ stato un lavoro senza sosta quello degli inquirenti, i militari del Nucleo Investigativo e quelli della Sezione operativa dei carabinieri di Pistoia, diretti dal procuratore Tommaso Coletta e dal sostituto procuratore Leonardo De Gaudio, dedicati giorno e notte fin dalle prime ore dopo il ritrovamento del cadavere.

A incastrare il presunto omicida, sarebbero state le registrazioni delle telecamere di videosorveglianza della zona, che hanno permesso di individuare con precisione l’orario in cui è stato commesso l’omicidio, così da escludere il coinvolgimento di altri sospettati. E soprattutto, le intercettazioni ambientali nell’auto di Maiorino.

Ore e ore di registrazioni, filtrate con pazienza dai militari, che hanno captato tutti i ragionamenti fatti da Maiorino a voce alta. Uno sfogo a cui l’uomo si sarebbe lasciato andare anche per chiarire i pensieri e mettere a punto un eventuale piano di fuga (sembra all’estero). Alessio Cini viveva con la figlia 14enne al primo piano della villetta trifamiliare di proprietà dell’ex moglie, dove vivono anche i cognati e un’altra famiglia. Quella mattina sarebbe uscito di casa molto presto per andare a fare rifornimento al distributore Q8, dove avrebbe riempito una tanica di benzina.

Molte le telecamere di videosorveglianza della zona che riprendono i suoi spostamenti e che hanno consentito di "vedere" minuto dopo minuto i suoi movimenti fino al momento della morte, pochi minuti prima delle 6 del mattino. Cini sarebbe stato colpito alle spalle con una spranga in testa, poi preso a calci e infine bruciato quando ancora respirava, come hanno confermato gli esami tossicologici. Le fiamme e soprattutto l’esplosione della tanica di benzina sono state riprese dalla telecamera di sorveglianza posta a meno di 200 metri dal luogo del ritrovamento del cadavere, praticamente sulla soglia delle scale che conducono al suo appartamento.

Ad armare la mano del presunto assassino potrebbero esserci le mire economiche che Maiorino aveva nei confronti del cognato. Cini aveva un impiego sicuro e poteva contare sulla recente eredità avuta dopo la morte della madre. Il suo piano, secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, sarebbe stato quello di ottenere l’affidamento della nipote, per potersi impossessare del patrimonio, e anche della casa. "Siamo sereni e sicuri di poter dimostrare la nostra innocenza", ha commentato l’avvocato Katia Dottore Giachino che assiste Maiorino. Per oltre dieci ore di interrogatorio, l’uomo ha respinto ogni accusa. La sua versione è rimasta la stessa fin dalle prime ore: "Sono stati altri, io non posso dire di più", queste le sue parole poco dopo il ritrovamento del cadavere davanti alla sua casa.