
L'effigie realizzata dai carabinieri per l'anniversario
Firenze, 3 settembre 2022 - Accadde qualcosa di molto strano la sera del dell’agguato a Carlo Alberto Dalla Chiesa, che perse la vita insieme alla moglie Emanuela Setti Carraro e all’agente di scorta Domenico Russo. Quella sera funzionari della prefettura salirono nella residenza del generale per andare a cercare dei lenzuoli per coprire i cadaveri. Ma qualcuno ne approfittò per appropriarsi di documenti scottanti, compreso un dossier sul caso Moro. Quando i magistrati aprirono quella cassaforte, non trovarono più nulla. Un mistero che ha aperto la strada a molti altri misteri, tutti irrisolti, tra cui un tentativo di depistaggio da parte di un falso 'supertestimone'. Nella sua ultima intervista, rilasciata a Giorgio Bocca, Dalla Chiesa aveva pronunciato parole che suonavano come un inquieto presagio: “Un uomo – disse - viene colpito quando viene lasciato solo”. E il generale infatti era stato lasciato solo e senza quei poteri di coordinamento e di intervento per tanto tempo e inutilmente reclamati. Era il 30 aprile del 1982, lo stesso giorno cui era stato ucciso Pio La Torre, che era cominciata la sua sfida alla mafia. Battaglia che si concluse dopo i suoi ‘cento giorni a Palermo’ in via Carini, la sera del 3 settembre 1982, sotto i colpi di kalashnikov di un commando. Mentre al carcere dell’Ucciardone i boss brindavano, in una Palermo stretta tra commozione e disperazione, qualcuno sul luogo dell’agguato lasciò un cartello con la scritta: “Qui è morta la speranza dei palermitani onesti”. Durante i funerali, che si svolsero in un clima tesissimo, in una città affranta e indignata, dal pulpito il cardinale Salvatore Pappalardo tuonò: “Mentre a Roma si discute Sagunto viene espugnata”.
