Firenze, 12 dicembre 2020 - Paolo Rossi non c’è più. Era il fratello maggiore di tutti noi, cresciuti negli anni Ottanta con Pablito negli occhi. Lo sguardo vispo eppure dolce, la voce, la sua voce, come una cantilena da cui farci cullare. Il classico ragazzo perbene che ha fatto innamorare l’Italia una sera di luglio del 1982, e che l’ha accompagnata fino a ieri. Parleremo di Pablito perché davvero lo sentiamo come uno di famiglia, il suo sorriso accompagnerà le nostre vite per sempre. Il goleador gentile e infallibile ha trasportato il Paese da una fase storica di sofferenza a un periodo di benessere, di gioia. Non parliamo solo di calcio, perché avevamo a cuore più Paolo di Pablito Mundial.
L’umiltà dei grandissimi ha attraversato la sua vita fino all’ultimo e - lo ripetiamo per paura di dimenticarlo – con quel sorriso che scaldava il cuore. Ha fatto sognare non una ma tre generazioni di tifosi, ma il Paolo che ricordiamo meglio (e più volentieri) è quello emozionato come un bambino nel giorno del suo matrimonio, quando ricevette gli amici nel buen retiro di Poggio Cennina. Lì allora capimmo fino in fondo la sua grandezza: l’eroe di Spagna ’82, un uomo normale. Un’altra cifra del suo carattere, l’allegria, la risata sempre spontanea, mai falsa. Ecco perché Paolo conta più di Pablito in quelli che hanno avuto la fortuna di conoscerlo, anche solo per una sera. La malattia affrontata in silenzio, lo straziante racconto delle ultime ore di sua moglie Federica. Quando Paolo ha chiuso gli occhi per sempre, qualcuno lo ha visto sorridere da dietro una nuvola. (Paolo Chirichigno)
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