
Un malato di Parkinson
Roma, 3 novembre 2021 - E' in pubblicazione sul numero di novembre della rivista Brain uno degli studi che riaccendono la speranza sul Parkinson. Riuscire a intervenire con un trattamento risolutivo nelle primissime fasi della malattia, per arrestarne il decorso è da sempre la speranza dei neurologi, che da trent'anni a questa parte, per il trattamento di questa condizione che interessa almeno 400mila italiani, hanno potuto contare solo sulla 'vecchia' levodopa. Ma qualcosa potrebbe presto cambiare grazie alla proteina alfa-sinucleina. A dirlo il lavoro, frutto della collaborazione di un pool di università italiane, istituti di ricovero e cura a carattere scientifico ed enti di ricerca italiani (Università Cattolica campus di Roma, Università di Perugia, Università degli Studi di Milano, Cnr di Roma, Università San Raffaele Irccs di Roma, Università di Roma Tor Vergata e Irccs Fondazione Santa Lucia), coordinati dal professore Paolo Calabresi, direttore dell'Unità opertiva complessa di neurologia del Gemelli e ordinario di neurologia all`Università Cattolica. Lo studio è andato a indagare i meccanismi attraverso i quali l'alfa-sinucleina anomala si organizza e interferisce con la comunicazione tra neuroni, per poi portarli a una distruzione irreversibile cioè alla neurodegenerazione.
"Per studiare questi aspetti - spiega il professor Calabresi - è stato messo a punto un modello animale molto precoce e progressivo di malattia di Parkinson, causata dall`attività degli aggregati di alfa-sinucleina e in grado di riprodurre le fasi salienti della malattia osservata nei pazienti. In questo modo, siamo riusciti a individuare i meccanismi attraverso i quali l`alfa-sinucleina alterata determina le prime manifestazioni della malattia”. “La speranza – sottolinea – è che questo possa portare a scoprire nuove strategie terapeutiche, quali anticorpi monoclonali in grado di contrastare la diffusione della proteina. Queste immunoterapie avrebbero lo scopo di `insegnare` al sistema immunitario a riconoscere precocemente l`alfa-sinucleina anomala, per distruggerla prima che arrechi un danno cellulare”.
“L`alfa-sinucleina – conclude – rappresenta insomma un target farmacologico promettente, una nuova frontiera per la ricerca di una terapia, e potenzialmente di una cura, per la malattia di Parkinson, che non sia più solo basata su farmaci che alleviano i sintomi, ma su terapie in grado di ritardare o bloccare la progressione della malattia". Per avere successo, è fondamentale poter disporre di strategie di diagnosi precoce. E ancora una volta la soluzione potrebbe ruotare intorno all`alfa-sinucleina modificata, che è al centro anche delle sperimentazioni per la ricerca di biomarcatori di fase precoce e può essere misurata sia nel liquor che nel sangue. Non a caso l'alfa-sinuclina è stata soprannominata la 'proteina della speranza'.