Firenze, 15 aprile 2024 – L’Inps ha modificato i coefficienti per il calcolo delle pensioni 2024 tenendo conto della rivalutazione delle retribuzioni, che, in base all’indice dei prezzi al consumo, è stata fissata dall’Istat al +5,4%.
"L’indicizzazione è piena solo per gli assegni che a dicembre 2023 non superano i 2.272 euro lordi mensili, cioè quattro volte il trattamento minimo Inps, pari a 567,94 euro. Per gli altri assegni – spiega Tommaso Cecchi, responsabile del patronato Sias-Servizio italiano assistenza sociale della sede zonale di via Milano 12 a Prato – la percentuale di perequazione gradualmente scenderà al 4,6% per gli assegni tra 4 e 5 volte il minimo, 2,9% per quelli tra 5 e 6 volte il minimo, 2,5% per gli assegni tra 6 e 8 volte il minimo, quindi 2% per quelli fino a 10 volte il minimo e 1,2% per le pensioni oltre 10 volte la minima”.
Questo influisce anche sul metodo di calcolo delle pensioni. Storicamente sono due i modelli per il calcolo: quello retributivo, secondo cui la pensione è commisurata alle retribuzioni percepite negli ultimi anni di attività, e quello contributivo, che dipende dai contributi versati. Questi ultimi vanno a costituire il montante e vengono quindi convertiti in rendita mediante coefficienti di trasformazione che variano in base all’età del pensionamento. Il sistema retributivo, anche se non è più in vigore dal 2012, viene utilizzato ancora per calcolare le pensioni dei lavoratori che hanno accumulato un’anzianità contributiva prima del 31 dicembre 1995. La pensione nel sistema retributivo è pari al 2% del reddito pensionabile per ogni anno di contribuzione. Ciò significa che, per esempio, se si hanno 25 anni di contributi si ha diritto alla metà (50%) della media delle ultime retribuzioni. Con 40 anni di contributi si arriva all’80%, mentre se si superano i 40 anni di contributi, allora i parametri presi in considerazione, ovvero le aliquote di rendimento, diminuiscono all’aumentare della retribuzione pensionabile.
Nel calcolo c’è da tenere conto, inoltre, di due componenti, ovvero le quote A e B. La quota A è l’importo delle anzianità contributive maturate fino al 21 dicembre 1992 e la quota B invece quelle maturate dal 1 gennaio 1993 fino al 31 dicembre 2011 nel caso il lavoratore abbia almeno 18 anni di contributi al 31 dicembre 1995, oppure fino al 31 dicembre 1995 per chi ha meno di 18 anni di contributi. La base pensionabile della quota A viene calcolata tenendo conto della media annua delle retribuzioni percepite nei cinque anni precedenti il pensionamento, mentre la B sulla base della media annua delle retribuzioni percepite negli ultimi dieci anni se il lavoratore ha almeno 15 anni di contributi al 31 dicembre 1992. Se ne ha meno, viene calcolata dalla media degli ultimi cinque anni di retribuzione più quelle percepite dal 1° gennaio 1993 fino al pensionamento.