ILARIA ULIVELLI
Cronaca

Pronto soccorso, criticità da risolvere: le misure anti caos restano inapplicate

La combinazione influenza-Covid fa collassare il sistema. Maggiormente in difficoltà le strutture sulla costa e nell’area più densamente abitata tra Firenze, Prato, Pistoia ed Empoli

Ambulanze all'esterno di un pronto soccorso (Germogli)

Ambulanze all'esterno di un pronto soccorso (Germogli)

Firenze, 2 gennaio 2024 – Lo scaricabarile delle responsabilità non serve a rispondere alle esigenze dei cittadini che si ritrovano pazienti in questo lungo ponte festivo. Eccezion fatta per l’emergenza Covid, mai come quest’anno – gli operatori in servizio sono pronti a giurare – c’era stato un assalto così massiccio al pronto soccorso fra Natale e Capodanno. Maggiormente in difficoltà le strutture sulla costa e nell’area più densamente abitata tra il capoluogo, Prato, Pistoia, Empoli. Tantissimi gli accessi considerati inappropriati, cioè per malesseri, problemi o malanni che potevano essere trattati fuori dalle strutture dell’emergenza-urgenza. Ma su questo tema dell’appropriatezza si è accesa una delle dispute più feroci tra i vertici del management sanitario. L’opinione prevalente è che i cittadini che non trovano risposta altrove hanno tutto il diritto di non sapersi fare un’autodiagnosi per capire se hanno bisogno del pronto soccorso o di un medico ambulatoriale che per le feste non c’è. E ci mancherebbe. I ponti dei medici di famiglia e l’accanimento contro la medicina generale fa alzare l’asticella della litigiosità: da una parte gli ospedalieri puntano il dito, dall’altra i dottori di base s’irrigidiscono denunciando l’inadeguatezza delle condizioni di lavoro con 1.800 assistiti a testa da seguire. Le guerre tra poveri lasciano il tempo che trovano. Il Covid, l’influenza tosta verso il suo picco stagionale, i ritrovi in famiglia che hanno alzato i contagi, le polmoniti e le riacutizzazioni di patologie croniche hanno riempito i letti dei reparti. Pochi per una popolazione così anziana: si ripete che mancano le cure intermedie, arriveranno gli ospedali di comunità (ma nel frattempo?).

L’assessorato regionale alla sanità, vista la mala parata, con il sovraffollamento e le lunghe attese, ha rinnovato l’invito alle direzioni generali di aziende sanitarie e ospedaliero universitarie di dar seguito alla delibera regionale di maggio, che prevede un manager che si occupi della gestione dei posti letto e delle dimissioni, l’attivazione del Girot con medico e infermiere a domicilio (dopo la soppressione – che errore – delle Uca che avevano funzionato benissimo durante il Covid), l’attivazione della continuità ospedale-territorio per la presa in carico dei pazienti con difficoltà a rientrare al domicilio. I casi di sovraffollamento dovranno essere segnalati per essere gestiti. Perché ci si ritrova a Natale con il personale all’osso ad attuare una delibera di maggio? Si è nelle condizioni di farlo?

Nella circolare inviata alle aziende sanitarie, il direttore del dipartimento di sanità regionale Federico Gelli, prendendo i dati forniti dalla Sant’Anna di Pisa evidenzia l’incremento degli accessi in pronto soccorso di pazienti con patologie croniche, segnale di mancata presa in carico dei casi a livello territoriale. Per non parlare della mancata azione preventiva. La sanità pubblica, bene primario a dispo sizione dei cittadini, è sempre più in sofferenza per riduzioni, tagli, mancanza di personale. Senza soldi la coperta è così corta che diventa quasi impossibile far funzionare le cose. Il 2026 è lontano: l’anno della realizzazione delle case di comunità che adesso si aspettano come Godot ma che se non ci sarà il personale per farle funzionare saranno un’altra delusione, mentre la fuga dei pazienti verso il privato è frenata dagli elevati costi, per troppi inaffrontabili. Eppure la salute viene prima di tutto.