
Francesco Pratali quando giocava nell'Empoli
Firenze, 7 aprile 2020 - Appese le scarpe al chiodo, in campo con i ragazzini. Non per farne dei culturisti con il pallone tra i piedi, ma per insegnare loro quei gesti tecnici che hanno reso il calcio lo sport più bello del mondo. Parliamo di Francesco Pratali, ex bandiera dell’Empoli che in carriera ha vestito anche le maglie di Lodigiani, Torino, Siena, Viareggio, Tuttocuoio e Jolly Montemurlo. Terminata la carriera agonistica, ha fatto fruttare la sua esperienza calcistica pur tenendosi lontano dalla notorietà data da una panchina o da uno studio televisivo. Smentendo il detto “nemo propheta in patria”, è tornato alla Polisportiva Cascine – squadra della provincia di Pisa in cui ha iniziato a giocare – per occuparsi della scuola calcio.
Quali erano i suoi progetti dopo aver smesso di giocare? “Il mio obiettivo è sempre stato quello di rimanere nel calcio. A partire dallo scorso settembre, ho avuto la possibilità di occuparmi della scuola calcio della Polisportiva Cascine. Un motivo di grande orgoglio, visto che è la società in cui ho mosso i primi passi e sono cresciuto. Dopo il mio arrivo, la scuola calcio mi è stata intitolata e siamo riusciti a raddoppiare gli iscritti rispetto all’anno precedente, arrivando a quota 110. Si tratta di un lavoro che mi appassiona molto”.
Com’è strutturata la sua scuola calcio e di cosa si occupa? “La sede è a Cascine di Buti e ci sono ragazzi che, a livello di annate, vanno dal 2009 al 2014. Per ogni gruppo ci sono due allenatori e un istruttore motorio. Abbiamo anche una squadra Under 15 di calcio a 5 femminile. Io mi occupo della parte tecnica e, a partire da settembre, ci sarà un altro ex giocatore professionista che mi affiancherà per questo aspetto”.
Su quali aspetti insistete maggiormente per quanto riguarda il lavoro con i ragazzi? “Credo che, per giovani nati dal 2009 in giù, insegnare schemi sia prematuro. Noi proponiamo concetti di calcio e soprattutto portiamo avanti sia la tecnica che l'educazione motoria. Per questo secondo aspetto abbiamo Nicola Sandroni, istruttore motorio molto bravo. Riteniamo che, quando i ragazzi possiedono una coordinazione ben sviluppata, abbiamo maggiori possibilità di effettuare un gesto tecnico nel modo giusto”.
Ha dato consigli ai ragazzi su cosa fare durante la quarantena? “Capisco perfettamente, avendo anche figli piccoli, che non sia facile a quell’età stare chiusi in casa. Inoltre, non tutti hanno una casa con giardino con la possibilità, ad esempio, di fare delle corse. Ho mandato ai ragazzi dei video miei per quanto riguarda la parte tecnica e di Nicola (Sandroni ndr) per quella motoria. Un modo per tenersi in forma e per passare queste lunghe giornate di quarantena”.
Pensa che si debba riprendere a tutti i costi a giocare il prima possibile, oppure è meglio aspettare che la situazione si risolva definitivamente? “Non sta a me decidere il da farsi, non ne ho le competenze. Certamente, la salute viene prima di tutto. Dobbiamo seguire i professionisti della materia e fare il massimo a livello di comportamenti per attenerci alle norme dettate dal governo”.
Non pensa che in Italia siamo troppo concentrati sugli schemi e l’aspetto fisico-atletico, per i giovani calciatori? “Sinceramente non so come lavorano gli altri. Nelle squadre professionistiche, alle qualità fisiche viene data molta importanza. Lo si può notare da come uno scout valuta solitamente un ragazzo. Io non sono molto d’accordo con questa visione. Essere ben dotato fisicamente, non vuol dire per forza essere alto e grosso. Ci sono calciatori di un metro e 70 che però hanno grande esplosività. Inoltre, alcuni dei più grandi giocatori della storia non erano altissimi e non avevano e hanno fisici statuari. Credo quindi che la tecnica e la coordinazione non siano da mettere in secondo piano rispetto alla fisicità”.
Quali sono i progetti per la scuola calcio? “Da settembre, il club rinnoverà totalmente e si chiamerà Atletico Monte Serra. L’idea è di riunire in un’unica società Cascine e Butese, continuando a lavorare sulla scuola calcio, ma creando anche una prima squadra che partirà ovviamente dalla terza categoria. Un progetto unico per il comune di Buti, in cui sono racchiuse le varie anime calcistiche della zona. Per quanto riguarda la sezione femminile, l’idea è di formare due squadre di calcio a 11: Under 15 e Under 17”. Paolo Lora Lamia