REDAZIONE CRONACA

Si avvicina la scoperta del primo “quasicristallo” formato sulla Terra

Il team di ricerca coordinato dal direttore del Dipartimento di Scienze della Terra Luca Bindi ha individuato il primo approssimante in un campione del Museo di Storia Naturale dell’ateneo fiorentino

Il professor Luca Bindi e il campione conservato dal Museo di Storia Naturale su cui sono stati condotti gli studi

Il professor Luca Bindi e il campione conservato dal Museo di Storia Naturale su cui sono stati condotti gli studi

Firenze, 31 dicembre 2024 – Una nuova scoperta scientifica potrebbe rivoluzionare la nostra comprensione dei quasicristalli, materiali caratterizzati da simmetrie non periodiche, mai osservate nei cristalli tradizionali.

Ad annunciarlo è il team internazionale di ricerca guidato da Luca Bindi, docente di Mineralogia dell’Università di Firenze. Lo studio ha individuato il primo “approssimante” di un quasicristallo naturale formato sulla Terra in un campione appartenente al Museo di Storia Naturale dell’Ateneo.

Questo materiale, rinvenuto a Kalgoorlie (Australia), presenta una struttura non identica ma con caratteristiche straordinariamente simili a quelle dei quasicristalli ritrovati nelle due meteoriti precipitate in Russia e in Calabria. La scoperta, pubblicata sulla rivista American Mineralogist, potrebbe suggerire che tali strutture sarebbero molto più comuni in natura di quanto si pensasse.

I quasicristalli sono noti per le loro straordinarie proprietà fisiche, come la resistenza e la durezza. La possibilità che tali minerali si trovino in natura è ritenuta ancora poco probabile: sebbene di impiego molto comune – dalle pellicole antiaderenti delle padelle ai cuscinetti a sfera, fino alle lamette da barba – i quasicristalli terrestri sono stati tutti creati artificialmente. E quelli di origine naturale, appunto, provengono dallo spazio. Tuttavia, il nuovo approssimante di quasicristallo cambierebbe radicalmente questa visione.

“Il materiale ritrovato nel campione è stato analizzato attraverso tecniche avanzate come la diffrazione a raggi X e la microscopia elettronica – spiega Bindi –. Questo materiale potrebbe rappresentare un primo passo per comprendere come i quasicristalli possano formarsi in ambienti terrestri. Inoltre, nella scienza dei materiali il nostro studio potrebbe generare un importante cambiamento di prospettiva e rafforzare la teoria che vedrebbe i quasicristalli esistere in natura in ambienti mai considerati. Infine – conclude Bindi – la nostra scoperta fornisce anche nuovi indizi sulla storia geologica della Terra, aprendo la strada a future indagini scientifiche”.