“Rifiuta la nutrizione artificiale, Asl le nega la morte assistita”. La denuncia dell’associazione “Coscioni”

La donna, che vive in Toscana, ha diffidato l’Azienda sanitaria competente

Un'infermiera

Un'infermiera

Firenze, 29 giugno 2024 – A una donna di 54 anni affetta da sclerosi multipla progressiva una Asl Toscana avrebbe negato, secondo quanto afferma l’associazione “Luca Coscioni”,  l'accesso alla morte assistita a seguito del suo rifiuto di sottoporsi alla nutrizione artificiale con la Peg. La donna si è rivolta alla “Coscioni”.

La 54enne, si spiega ancora, «ha diffidato l'Azienda sanitaria competente per averle negato l'accesso alla morte assistita sulla base del fatto che, per potervi accedere, secondo la sentenza costituzionale Cappato-Antoniani (242/2019) occorre essere 'tenuti in vita da trattamenti di sostegno vitale’. «Alla paziente, totalmente paralizzata - riferisce l'associazione Coscioni -, era stata prescritta la Peg, ovvero la nutrizione artificiale, in quanto costantemente a rischio di vita per polmonite da soffocamento «ma la donna aveva rifiutato» perchè la Peg, «nella sua condizione, era considerata un accanimento terapeutico a cui non si voleva sottoporre». Aggiunge Filomena Gallo, avvocata coordinatrice del team legale della donna e segretaria nazionale dell'Associazione Coscioni: «Il diritto di rifiutare trattamenti anche salvavita è previsto dall'articolo 32 della Costituzione nonché dalla legge 219/2017. Il parere di maggioranza del comitato etico competente, riconosce tutte le condizioni previste dalla Consulta presenti. Anche in caso di rifiuto della Peg è però sufficiente l'indicazione clinica con la prescrizione della Peg stessa a caratterizzare le circostanze di una situazione equivalente a quelle dell'effettivo posizionamento della stessa. La commissione aziendale dell'Asl toscana invece afferma che se la paziente avesse accettato la Peg, allora avrebbe avuto diritto alla morte assistita, prospettando dunque l'obbligo di sottoporsi a un trattamento sanitario contro la sua volontà per poi poterlo interrompere. Riteniamo quest'ultime affermazioni gravissime in quanto si vuole far passare il messaggio che per poter fruire di un diritto costituzionale occorre sottoporsi ad una tortura, ovvero ad un trattamento sanitario invasivo contro la propria volontà».

«Il requisito del trattamento di sostegno vitale per poter ottenere l'aiuto alla morte volontaria - osserva poi Marco Cappato, tesoriere dell'associazione e presidente di Soccorso Civile - determina anche queste situazioni di paradossale e assurda violenza che non fanno altro che amplificare le sofferenze di chi già si trova in condizioni irreversibili o terminali gravissime. Nonostante la condizione della paziente toscana sia chiara e il rifiuto dell'azienda sanitaria sia in palese violazione dei suoi diritti costituzionali, la prossima sentenza della Corte costituzionale sul trattamento di sostegno vitale sarà fondamentale anche per sciogliere definitivamente queste interpretazioni illegittime del requisito».