ERIKA PONTINI e STEFANO BROGIONI
Cronaca

Il crimine in Toscana: la rete del riciclaggio per mettere le mani su ristoranti e alberghi

Fra i nove indagati anche l’ex portiere della Fiorentina Giuseppe Taglialatela. Due le menti dell’organizzazione: soldi sporchi per reinvestire in locali

Otto i ristoranti perquisiti dalla guardia di finanza (Foto repertorio)

Otto i ristoranti perquisiti dalla guardia di finanza (Foto repertorio)

Firenze, 28 maggio 2024 – I ristoranti del centro di Firenze acquistati per poi diventare casseforti che sfornavano soldi in nero da riciclare nell’acquisto di altre attività commerciali: bar, locali e alberghi. E per fare la bella vita. Un giro vorticoso di denaro sporco, favorito dal turismo che negli anni ha portato all’acquisto e/o affitto di 31 locali, due alberghi e attività imprenditoriali (un birrificio e un autonoleggio), uno anche in Versilia, per qualcosa come 13 milioni e mezzo di euro. L’indagine della Guardia di Finanza, coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia, punta dritta alla compagine albanese che nel capoluogo toscano, in accordo con insospettabili del posto, avrebbe messo le mani nell’economia locale. Come se il ‘salto di qualità’ della criminalità albanese nel tessuto imprenditoriale toscano, di cui a gennaio parlava il procuratore generale Ettore Squillace Greco nella relazione di inaugurazione dell’anno giudiziario, si fosse materializzato nelle dodici pagine di decreto di perquisizione e sequestro firmato dal procuratore Filippo Spiezia, dall’Aggiunto Luca Tescaroli e dal pm Christine Von Borries. Nove gli indagati, tra cui l’ex portiere di Fiorentina e Napoli Giuseppe Taglialatela, 55 anni, ora legale rappresentante dell’Ischia calcio, Alessandro Bigi, fiorentino di 49 anni e Eluert Kamami 40 anni, gli ultimi due ritenuti le menti dell’organizzazione che gestiva i locali fiorentini.

Otto i ristoranti nel centro storico di Firenze perquisiti dalle fiamme gialle all’alba di ieri nell’ambito dell’inchiesta portata avanti, in collaborazione con la Spak anticorruzione albanese, per associazione per delinquere (non per Taglialatela), riciclaggio, autoriciclaggio e appropriazione indebita. In particolare i finanzieri hanno bussato alla porta dell’Ischia calcio e dei ristoranti il Cavallino in piazza della Signoria - ritenuta una sorta di base dove far confluire il denaro in nero -, Trattoria Giovanni, La Bistecca Osteria Fiorentina, Trattoria Ponte Vecchio, Bisteccheria Santa Croce, Trattoria de Pitti, Osteria Lungarno e Orcagna, la maggior parte facenti capo a società amministrate da Eluert Kamami o da Bigi.

Secondo la ricostruzione accusatoria i due sarebbero stati a capo un’associazione a delinquere con base a Firenze: ai sodali fornivano le indicazioni su dove e come accumulare le somme distratte via via facendo uscire in nero denaro contante dalle attività: banalmente quando veniva pagato il conto non venivano quasi mai emessi i relativi scontrini e il cash lievitava. Al momento i finanzieri ritengono che il gruppo abbia drenato qualcosa come un milione e mezzo di euro cash, almeno nell’ultimo periodo. Soldi che poi servivano, almeno in parte, per pagare in nero i dipendenti e il restante per reinvestirlo nell’acquisto di attività di ristorazione nel centro di Firenze. Ma i capi dell’organizzazione acquistavano anche beni di lusso personali come tre Ferrari, gioielli, lingotti d’oro e diamanti. Le perquisizioni sono scattate infatti anche in alcune cassette di sicurezza delle banche nella disponibilità di Kamami e Bigi.

Soldi contanti anche per rilevare tra il dicembre 2023 e il maggio 2024 il 50 per cento delle quote dell’Ischia Calcio al prezzo formale di poco più di 9mila euro, consegnando invece 100mila a Taglialatela – è scritto nel decreto –, in qualità di legale rappresentante della società. L’ex portiere deve anche rispondere di emissione di fatture per operazioni inesistenti in relazione alle sponsorizzazioni fittizie, almeno in parte: fatture per circa 80 mila euro emesse dall’Ischia calcio nei confronti di una società di Napoli. L’indagine nasce lontano: nei mesi scorsi i finanzieri accendono i riflettori su Bigi e Kamami e sulle ingenti disponibilità finanziarie per acquistare o direttamente o attraverso società a loro riconducibili numerosi locali. Il reddito ufficiale infatti non lo consentirebbe, annotano gli investigatori nelle informative. Fino al 2013-2014 dichiaravano redditi di 15-20mila euro. Di lì l’accelerazione investigativa con intercettazioni sui telefoni degli indagati principali, microspie nelle auto e ambientali audio-video piazzate al Cavallino, la base del gruppo e il maxi-blitz di ieri.