La Spezia, 5 maggio 2022 - La ripresa del turismo e delle attività commerciali ad esso connesse - dopo le restrizioni indotte dalla pandemia che ha compresso gli affari degli operatori - incappa ora nella difficoltà a reperire personale per i lavori stagionali. Il problema è particolarmente sentito nel mondo della ristorazione. Lo abbiamo analizzato con Diego Sommovigo, titolare dei ristoranti Caran (nel quartiere della Chiappa alla Spezia) e Gambero (alle Grazie) ed è anche il presidente provinciale della Fipe, la federazione italiana dei pubblici esercenti affiliata alla Confcommercio, con una visione a 360 gradi del fenomeno.
Quali le cause?
"Di varia natura, contingenti e direi anche culturali".
Partiamo da queste ultime?
"Mancano nei giovani la voglia di impegnarsi, la disponibilità ad affrontare sacrifici. Manca la consapevolezza che la stabilità del lavoro è conseguenza di un percorso nel quale formazione e affidabilità sono i requisiti fondamentali per centrare l’obiettivo. C’è chi parte male e ne sconta gli effetti".
Esempi concreti?
"Mi è capitato di fare un colloquio per l’assunzione di un cameriere e aver colto la pretesa di disporre di 15 giorni di ferie ad agosto. E’ chiaro che, al di là del fatto che le ferie maturano in progress, non è possibile, per un operatore, restare sguarnito nel momento clou della stagione. C’è poi la pretesa di pagamenti in nero per non perdere benefit".
Spieghi meglio
"Il nodo è quello del reddito di cittadinanza, che si perde nella misura in cui si va a lavorare; c’è chi preferisce accontentarsi di quello pur di non faticare. O chiede di essere pagato in nero".
Di fronte all’istanza, come ha reagito?
"Può ben immaginare: al bando il lavoro nero".
Poteva denunciare la circostanza?
"Non volevo infierire. Certo sarebbe meglio una norma che prevedesse che i colloqui di lavoro fossero verbalizzati. Carta canta..."
Accennava anche a problemi contingenti. Quali?
"La domanda di lavoro nella ristorazione è frenata dall’esperienza della pandemia: negli anni scorsi era difficile trovare persone a fronte del rischio-contagio ora che ci stiamo riprendendo pesa l’incertezza sul futuro. Il virus non molla la presa, c’è il sentore di un ritorno di fiamma a novembre".
Non sarà che gli stipendi sono bassi, non invitanti?
"Sono legati ai contratti. Si parla di 1200 al mese come paga base, più gli straordinari. Nel mondo della ristorazione c’è poi la pratica delle mance. Chi è professionale gode di attenzioni. Certo si potrebbe pagare di più il lavoratore se lo Stato fosse meno vorace".
Il famoso cuneo fiscale
"Sì. Troppi balzelli, oltre i contributi previdenziali e il tfr da accantonare. Ci sono le tasse regionali, quelle provinciali, l’Inail eccetera. Un lavoratore destinatario di 1.200 al mese, che diventano 15.600 all’anno costa al datore di lavoro 32.500 euro all’anno. Troppo gravoso il costo del lavoro. Il fenomeno, paradossalmente, innesca sospetti del fisco nel rapporto col fatturato. Se questo è scarso rispetto al primo l’Agenzia delle Entrate fa ispezioni mossa dall’indizio di introiti in nero".
Invece?
"L’assunzione stagionale ha insito un periodo, all’inizio, che si risolve più in formazione che lavoro, in vista del top di stagione quando i ristoranti di riempiono, dopo aver faticato a far quadrare i conti".
La formazione delle scuole deputate non è sufficiente?
"I ristoratori faticano a formare personale professionale. I titoli a volte non sono lo specchio della realtà. Che chi si vende come cuoco e non sa nemmeno tenere in mano una padella. L’ho sperimentato".
Sviluppi?
"Il licenziamento due giorni dopo l’assunzione".