Perugia, 28 marzo 2018 - L’Iinchiesta che scuote la Procura della Repubblica di Perugia esplode all’improvviso, nella settimana Santa. Il procuratore aggiunto Luca Turco e un ‘manipolo’ di carabinieri del Ros toscano, che svolgono gli accertamenti, piombano contestualmente negli uffici giudiziari umbri e nelle abitazioni di due luogotenenti, già in servizio al Ros di Perugia. L’avviso di garanzia destinato a provocare un terremoto giudiziario è per il procuratore aggiunto Antonella Duchini, per anni numero uno dell’Antimafia e poi numero due della Procura, e per i marescialli Costanzo Leone e Orazio Gisabella. L’ipotesi di reato contestata, a tutti, è concorso in rivelazione di segreti d’ufficio.
Le notizie riservate – ma l’indagine è ancora blindatissima – sarebbero transitate dal magistrato ai carabinieri e sarebbero state destinate o, avrebbero ‘coinvolto’, l’imprenditore eugubino Colaiacovo, il patron del cemento, che però non è indagato. Acquisizioni informatiche sono state svolte infatti anche negli uffici dell’azienda umbra del cemento e, sembra direttamente, dal direttore generale della società.
Gli investigatori fiorentini se ne sono andati da Perugia dopo aver acquisito materiale informatico sia nell’ufficio della Duchini – assistita dagli avvocati Nicola Di Mario e Michele Nannarone – che nelle abitazioni dei due sottufficiali dell’Arma.
Leone, difeso dall’avvocato Donatella Donati, è il maresciallo che negli anni scorsi venne coinvolto (e poi assolto) nel processo milanese contro l’allora generale Gianpaolo Ganzer, a capo del Reparto operativo speciale. Gisabella invece, per anni al Ros di Perugia e poi transitato alla Tutela Patrimonio artistico, è indagato per corruzione nell’ambito dell’inchiesta siciliana sulla faida tra armatori. Una tranche di indagine è stata poi trasferita a Perugia. Ma gli accertamenti fiorentini non sarebbero riconducibili alle indagini ‘siciliane’ e riguardano vicende giudiziarie umbre.
In particolare il procedimento sul quale hanno acceso i riflettori gli inquirenti toscani riguarderebbe alcune informazioni relative a uno dei fascicoli, dei quali è contitolare il magistrato umbro. La Duchini, fino a qualche anno fa in Dda, è stata titolare, negli anni, di alcune inchieste che hanno destato grande clamore anche mediatico.
Tra queste il ‘caso-Shalabayeva’ in cui è indagato, tra gli altri, il questore di Palermo, Renato Cortese, e le operazioni antimafia contro i clan dei casalesi e le infiltrazioni della ’ndrangheta nel tessuto economico e sociale perugino. Tutte indagini di primo piano.
Lo stesso procuratore aggiunto dieci anni fa coordinò l’indagine sulla presunta ‘faida familiare’ interna alla famiglia Colaiacovo nella quale vennero indagati alcuni membri della dinasty del cemento che avrebbero voluto – questa allora l’ipotesi d’accusa – spodestare il patron Carlo sia dalla guida dell’azienda che dal suo ruolo di allora presidente della Fondazione Cassa di Risparmio.
Processo finito con l’assoluzione «per non aver commesso il fatto» pronunciata dal tribunale nei confronti di tutti gli imputati e divenuta definitiva. Recentemente inoltre (insieme ad un altro pubblico ministero della procura perugina) la Duchini si è anche occupata dell’inchiesta – sempre nei confronti di un ramo della famiglia di cementieri – per bancarotta e falso in bilancio. Al centro dei sospetti della magistratura l’iscrizione a bilancio di 150 miliardi di partecipazione societaria nella cassaforte di famiglia, quando invece il valore sarebbe stato minore. Ma, sulla vicenda, è in corso una consulenza-bis che potrebbe sciogliere tutti i nodi e l’indagine non è ancora stata chiusa.
Red. Int.