Firenze, 2 febbraio 2025 – Da tempo se ne vanno ma pochi ne parlano: un fenomeno ormai consolidato quello dei nostri ragazzi che scelgono di trasferirsi all’estero. Una bella gioventù che abbandona l’Italia contribuendo ad abbattere ulteriormente la quota di giovani che dovrebbero essere la linfa vitale del futuro economico e sociale del Paese. La nostra Toscana non fa grande differenza rispetto al resto d’Italia. Ma questa emigrazione trasversale per provenienza geografica, livello di istruzione ma anche disponibilità economica familiare non pare preoccupare più di tanto.
La vulgata spesso si concentra sulla fuga dei cervelli, ma non è quello: solo il 30% degli expat è laureato. Secondo il rapporto I giovani e la scelta di trasferirsi all’estero (Fondazione Nord Est insieme al Cnel) negli ultimi tredici anni gli expat tra i 18 e i 34 anni sono oltre mezzo milione. E si stima che il capitale umano perso abbia un valore economico di 134 miliardi di euro, cifra che potrebbe triplicare per la sottovalutazione dei dati ufficiali. Se ne vanno per la mancanza di un’adeguata offerta di opportunità e anche di retribuzioni. E la scelta non è fatta a cuor leggero. La via per l’estero appare loro come la soluzione per raggiungere l’autonomia e la serenità economica grazie a un’occupazione.
Nel mix con il calo dei nuovi nati, questa emigrazione provoca una caduta libera demografica. Non sono molte le voci che ricordano che questa fuga è e sarà un problema rilevante. Anzi, spesso viene liquidata come un fenomeno in linea con l’evolversi dell’integrazione europea. A porre l’accento sulla forte preoccupazione è stato invece il presidente della Repubblica Sergio Mattarella: che ha chiesto "un’adeguata riflessione. Giovani – ha ricordato – con alto livello di formazione che spesso non fanno ritorno, con conseguenze rilevanti sulla composizione sociale e culturale della nostra popolazione”. Anche perché “in molti casi chi lascia il nostro Paese lo fa per necessità e non per libera scelta, non trovando in Italia un’occupazione adeguata al proprio percorso di formazione e di studio”. Una voce autorevole, certo, ma che rimane pressoché isolata.