Prato, 15 aprile 2025 - Sfruttamento, minacce, violenze, caporali al vertice di vere e proprie squadre punitive. La procura di Prato ha fatto emergere una tremenda realtà di vessazioni e agguati ai danni di operai stranieri ‘rei’ di essersi iscritti al sindacato. Le indagini hanno portato a 4 misure di custodia cautelare, richieste dalla procura e disposte dal giudice per le indagini preliminari, che riguardano due cittadini pakistani (di 45 e 56 anni) e due cittadini cinesi (di 40 e 39 anni).
Secondo quanto spiegato dal procuratore Luca Tescaroli, i quattro indagati rappresentano “la proiezione di una filiera più ampia di soggetti, riconducibili alla proprietà cinese, di una significativa struttura societaria”. Le attività illecite si concentravano attorno alla “Acca srl”, azienda di logistica e facchinaggio che operava in un magazzino di Seano, nel comune di Carmignano.
Le indagini – condotte da carabinieri, Digos e Asl – sono partite dopo che alcuni lavoratori stranieri (pakistani, bengalesi e africani) si sono iscritti al sindacato SiCobas, per ottenere condizioni di lavoro dignitose. In risposta, sono scattate le ritorsioni: minacce, pressioni e aggressioni brutali, anche notturne, per tentare di sedare la protesta.
Il quadro emerso è gravissimo: turni di oltre 12 ore, sette giorni su sette, impiego di operai in nero, pause di 10-15 minuti al massimo per consumare i pasti, stipendi decisi arbitrariamente, scarsa sicurezza sul lavoro.

“Lo sfruttamento lavorativo, con l’impiego di violenza e minaccia – ha dichiarato Tescaroli – è diventato strumento che cementa un modello criminale articolato, che ruota attorno all’espressione imprenditoriale della società Acca srl, la quale ha beneficiato delle attività criminose poste in essere ai danni di persone in stato di bisogno”.
Sempre la stessa società, va ricordato, era stata tra quelle destinatarie dei plichi esplosivi recapitati lo scorso febbraio.
Le prove raccolte sono molteplici: dichiarazioni di lavoratori che hanno collaborato con la giustizia, immagini di videosorveglianza, referti medici delle vittime, intercettazioni telefoniche e ambientali, accessi ispettivi.
“Abbiamo potuto delineare una realtà caratterizzata da un profondo sfruttamento, protrattosi per un cospicuo lasso temporale – ha aggiunto il procuratore – e attuato al fine di minimizzare i costi e massimizzare i profitti, a discapito dei diritti fondamentali dei lavoratori”.
Gli episodi di violenza sono stati numerosi. Uno dei più gravi è avvenuto nella notte del 18 luglio 2023: un lavoratore è stato aggredito con una mazza di ferro da due uomini su un motorino, con il volto coperto da un casco. In un’altra occasione, il 23 giugno, l’aggressione è stata condotta da persone reclutate direttamente da uno degli indagati.
Nonostante alcuni lavoratori abbiano trovato il coraggio di parlare, altri – osserva il procuratore – si sono mostrati reticenti: “Sono state registrate omissioni nelle indicazioni fornite da altri lavoratori, riconosciute dal giudice quale lampante espressione del timore di subire conseguenze negative”.
Proprio per questo, il giudice ha deciso di applicare le misure cautelari senza interrogare prima gli indagati, per evitare ogni rischio di inquinamento delle prove: “Era necessario – conclude Tescaroli – un intervento cautelare a sorpresa”.
L’inchiesta è ancora in corso, ma l’intento della magistratura è chiaro: fermare un sistema che ha trasformato lo sfruttamento della manodopera straniera in un meccanismo strutturato, cinico e altamente redditizio.