Firenze, 14 luglio 2022 - Si chiama Mosè, proprio perché fu salvata dalle acque. I renaioli la recuperarono sotto un metro e mezzo di fango dopo che l’alluvione del ’66 aveva placato la sua ira. E ancora oggi quella barchetta scivola via veloce sul pelo dell’Arno, ormai non più d’argento come cantava Spadaro, ma verde, pantanoso, come le Everglades della Florida. Del resto quel piccolo tratto di fiume che attraversa la città di Dante è abituato agli ospiti internazionali: dai gamberi della Louisiana alle oche egiziane, dalle nutrie sudamericane, alle tartarughine dalle orecchie rosse della Valle del Mississippi.
"Tutta questa vegetazione è una gramigna d’acqua", spiega Marco Castaldi, fondatore nel 1995, insieme a Paolo Bruno e Antonio Bellacci dell’associazione "I Renaioli", proprio per promuovere e recuperare la navigazione sugli antichi barchetti, spinti a pertica o a stanga. E loro, eleganti ed agili come gondolieri, il fiume lo amano e lo vivono tutto anno. E con lui, in questi mesi, soffrono. A leggere la cartella clinica dell’Arno nel tratto fiorentino è Marco Bottini, presidente del Consorzio di Bonifica Medio Valdarno, che fra le sue prossime missioni ha quella di realizzare un vero e proprio "piano laghetti" per combattere la siccità.
"Vede il livello del fiume? Siamo sotto di 40 centimetri rispetto alla media estiva – spiega Bottini – . E il guaio è che siamo così da maggio. Del resto, sempre in maggio, è piovuto il 77% in meno dell’anno scorso. Quello che rende la situazione meno drammatica è Bilancino, che ci consente di alimentare i nostri fiumi, fa respirare i pesci e consente di far uscire l’acqua dai rubinetti".
Le alghe rubano l’ossigeno del fiume e mettono a rischio la fauna ittica, ma anche gli uccelli che nidificano lungo le sponde non se la passano meglio: gallinelle d’acqua, gazzette, aironi, subiscono un habitat sempre più alterato.
"Attualmente nel suo tratto mediano l’Arno ha una portata di circa 5,20 mc/sec - prosegue Bottini –, un dato che solitamente si registra ad agosto ma che comunque si mantiene grazie al rilascio nella Sieve e di qui appunto in Arno, dal grande invaso di Bilancino, che per fortuna è ancora pieno per il oltre il 91% e dunque in grado di garantire un certo deflusso costante. Nonostante ciò, nelle acque del fiume scarseggia sempre più l’ossigeno. E l’innalzamento della temperatura favorire la proliferazione di diverse specie di alghe, specie nel tratto cittadino, dove le briglie rallentano lo scorrimento, favorendo la colonizzazione di queste piante acquatiche, tra cui specialmente la Potamogeton natans".
Se l’Arno boccheggia, i suoi affluenti non stanno certo bene. L’Elsa si difende un po’ meglio grazie alle sue tante sorgenti, mentre Pesa, Greve, Terzolle, sono ridotti a un letto di sassi e di erba secca. "Il Mugnone si salva proprio laddove il Consorzio ha recentemente realizzato, specie sotto i ponti del tratto a valle del Ponte Rosso - prosegue il presidente –, piccoli sbarramenti e sistemazioni che creano vasche ombreggiate a vantaggio della fauna ittica".
Per il futuro la strategia è la creazione di tanti piccoli invasi multifunzionali. Sono 34 i progetti per la Toscana che fra pochi giorni il Consorzio di Bonifica presenterà al presidente della Regione Eugenio Giani. Di questi nove sono già cantierabili. Ma intanto la gramigna d’acqua cresce.
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