Siena, 10 settembre 2021 - Si tornerà ancora nel vicolo del Monte Pio. E verrà nuovamente simulata la caduta dalla finestra a seguito della quale il 6 marzo 2013 trovò la morte l’allora manager della comunicazione di Banca Mps David Rossi. Sarà usato un manichino dello stesso peso e corporatura. Ad annunciarlo è stata la commissione d’inchiesta parlamentare al termine della due giorni di lavori a Siena.
«Era già stato valutato nel 2016 nel corso della seconda indagine sul caso, poi venne fatto calare un vigile del fuoco. L’ipotesi che Rossi si lasci cadere di spalle restando appeso alla sbarra ci lascia perplessi e giustifica il ripetersi di un accertamento tecnico», annuncia il presidente Pierantonio Zanettin. Che più avanti, comunque, ribadisce «che non si tratta di alcun attacco alla magistratura che fa il suo mestiere e noi ne svolgiamo un altro. Dico solo che le ricostruzioni fatte fino ad oggi lasciano dubbi. Non ci sostituiamo agli inquirenti, conosco il perimetro del lavoro della procura e quello della politica». Ciò nonostante non esita a parlare di «lacune gravi nella prima inchiesta, mi ha colpito la distruzione dei fazzolettini per di più in tempi così rapidi. La seconda indagine ha scontato la distanza di anni. Un cold case il nostro».
Per fare chiarezza servirà anche una seconda verifica tecnica sui tabulati telefonici «in quanto c’è una discrasia sugli orari delle riprese delle telecamere di videosorveglianza e sulle ultime telefonate di Rossi». A mettere altra carne al fuoco, anche se premette di parlare a titolo personale, ci pensa il vice presidente Luca Migliorino puntando sulle vie di accesso alla Rocca: «Ho visto durante il sopralluogo sei porte di ingresso e uscita, non tre. Inoltre il vicolo è molto stretto mentre nel video appare più grande perché nella realtà è 4:3 invece appare nel formato 16:9». Il suo post su Facebook ieri mattina, poi, dove parla di una «sorpresa» durante la visita dei luoghi interni al Monte «che ci ha lasciato senza parole. Siamo arrivati al grottesco», fa parlare. Ma gioca a carte coperte, in vista delle prossime audizioni. Sì, perché il lavoro fin qui svolto è solo la punta dell’iceberg: il 14 settembre sarà ascoltato Raffaele Ascheri – «sto leggendo il suo libro», dice Zanettin –, quindi altri cinque giornalisti da qui al 7 ottobre. «Nel corso delle audizioni sono emersi nomi che potrebbero dare un contributo e che io non avevo in lista», aggiunge il presidente.
La prima ad essere ascoltata ieri era stata Lorenza Bondi dello staff comunicazione del Monte. «La mia entrata in scena in questo caso – ha detto - è stata di passare davanti alla porta, trovandola un po’ aperta, la luce accesa, mentre uscivo da lavoro». E ancora: «La condizione psicologica di David in quei giorni? La sensazione che provava in quel momento la città era quella della caduta degli dei e della fine di un impero. Qualcuno ha fatto un parallelismo con tangentopoli. Per chi subiva perquisizioni, la magistratura per carità faceva il suo lavoro, non era una passeggiata di salute». Lunghissima l’audizione di Giancarlo Filippone, «la persona che meglio conosceva David, insieme alla moglie. Sicuramente è molto provato da questa vicenda», così l’ha descritto il presidente Zanettin. Filippone quando dopo due ore e 40 di audizione è andato via si è limitato a dire: «Chiedete alla commissione».
«C’è la volontà da parte di tutti di fare il miglior lavoro possibile – ha sottolineato l’onorevole Susanna Cenni – senza nessuna ipotesi già preconfezionata». Nessuno dei commissari si sbilancia dopo la due giorni a Siena sulla tesi omicidio o suicidio. «Non so ancora a quali conclusioni arriveremo ma destano perplessità le modalità utilizzate per togliersi la vita. Noi vogliamo solo la verità», ribadisce incalzato Zanettin. Dunque la commissione tornerà a Siena. E chissà che l’appello lanciato – «chi sa parli, può farlo anche in forma secretata» - non dia nel frattempo frutti. Dopo che già molti, rileva la commissione con un pizzico di sorpresa, hanno già chiesto di incontrarla. E di parlare.