
Un gruppo di profughi
La scorsa settimana è iniziata l'offensiva aerea contro i jihadisti dello Stato Islamico (Isis) in Siria. La minaccia terroristica nella regione ha lasciato alle spalle facendo quasi dimenticare quello che è stato l'inizio del conflitto nel paese, scoppiato nel 2011 sulla scia delle cosiddette 'primavere arabe'. Ormai un lontano ricordo. Ripercorriamo quello che ha vissuto la Siria negli ultimi anni grazie al racconto di chi abita in Toscana ed è indirettamente testimone di quanto avviene a più di 2mila chilometri di distanza.
SIRIANI IN TOSCANA
Secondo dati Istat (2013) sono solo 130 i cittadini siriani residenti in Toscana dei 3.662 che vivono stabilmente in Italia. Ne abbiamo incontrati due: Ouday Ramadan, figlio di immigrati siriani in Libano, 48 anni, in Italia da quando aveva 19 anni, amministratore condominiale a Cascina, attivista del Comitato Italia-Siria e portavoce della Comunità siriana in Italia; e Alhakam Afandi, 45 anni, lascia la Siria a 12 anni per andare con la famiglia in Arabia Saudita, arriva in Italia nel 1988 per studiare medicina, è il vice-presidente della Comunità Araba Siriana in Italia.
Entrambi hanno trascorso buona parte della loro infanzia fuori dalla Siria, seppur per motivi diversi. Ognuno di loro rappresenta una prospettiva diversa sulla situazione: Ramadan è filo-governativo, lealista al governo di Assad, mentre Afandi è estremamente critico del regime. Sono entrambi musulmani ma di correnti diverse: Ramadan è alawita, Afandi sunnita. Le stesse comunità siriane in Italia a cui appartengono non si riconoscono tra loro riflettendo il conflitto in corso da più di tre anni nel paese.
SULL'ORIGINE DEL CONFLITTO IN SIRIA
Per secoli, prima che il conflitto esplodesse, le numerose comunità etniche e religiose presenti in Siria hanno tranquillamente vissuto insieme pacificamente. Per Alhakam Afandi è stato Hafez Al Assad, padre di Bashar, a rompere questa pace quando nel 1970 prese il potere favorendo e dando ampio spazio a un gruppo ben preciso, gli alawiti. Ouday Ramadan racconta della sua infanzia in Libano dove è nato e cresciuto da genitori siriani: “Sono nato e vissuto in Libano. Lì la guerra scoppiò quando avevo 6 anni. Essendo un alawita vivevo in un ghetto. Circa 80mila persone stipate in un’area di un chilometro quadrato, senza nessun diritto”. Quindi, “Quando scoppiò la guerra civile - prosegue - non potevo non farne parte. Avevo 9 anni quando ho lanciato la prima bomba”. Ouday Ramadan dovette poi lasciare il Medio Oriente nell’’83 a seguito di uno ‘scontro’ con il governo siriano, più precisamente con il fratello di Hafez Al Assad, Rifaat Al Assad, zio di Bashar, che a detta sua gli costò l’esilio: “Per lunghi anni non sono più andato in Siria perché ero ricercato. Nel 1996 ci fu l’amnistia. Rientrai in Siria dopo che ebbero cacciato uno dei miei oppositori”.
La data con cui si è soliti far iniziare la rivolta siriana è il 15 marzo 2011. Daraa è l’epicentro delle proteste che via via si estendono a tutto il paese. Ouday Ramadan racconta: “Ad aprile 2011 ero a Damasco. Stavo al Semiramis, un albergo 5 stelle. Alle 15 ricevo una telefonata da mio padre che mi dice: ‘Dirigiti verso la piazza degli Omayyadi - la piazza più grande di Damasco - perché Al Jazeera dice che ci sono disordini, che il popolo è sceso in piazza contro Bashar Al Assad’. Sono andato a piedi. L’albergo era a soli 200 metri. Ho trovato che la vita scorreva tranquillamente: non c’era neanche il minimo cenno di protesta. E tutta Al Jazeera trasmetteva che i disordini a Damasco erano migliaia”. L’episodio è difficilmente verificabile ma uno dei principali argomenti usati da chi difende il regime è che Al Jazeera abbia fomentato l'espandersi della protesta.
Per Alhakam Afandi il conflitto ha avuto varie fasi: la rivolta, per circa un anno da quando è partita, ha riguardato solo il popolo siriano poi “la Siria si è trasformata in un campo da calcio. La partita è tra i paesi limitrofi e il popolo siriano il pallone”.
Per approndimenti: il portale della BBC dedicato al conflitto in Siria-LINK
MA CHI SONO I 'RIBELLI'?
Ouday Ramadan sostiene che i ‘ribelli’ siano stati fin dall’inizio della rivolta per lo più stranieri: marocchini, tunisini, libici, inglesi, malesiani e soprattutto ceceni. Almeno due casi hanno visto coinvolti italiani: Giuliano Ibrahim Delnevo, genovese, convertito all’Islam, morto in Siria a 24 anni combattendo a fianco dei ribelli; e Haisam Sakhanh, di origini siriane, residente per 10 anni a Cologno Monzese, autore nel febbraio 2012 di un assalto all’ambasciata siriana a Roma, successivamente partito per la Siria dove sembra abbia preso parte a un’esecuzione di sette soldati dell’esercito siriano. Ancora non si parlava di Isis. Isis che per Alhakam Afandi non ha niente a che fare con i ribelli, anzi ha sottratto territori alla ‘rivoluzione’.
SULL'ISIS?
“In sei mesi/un anno l’Isis è arrivato a controllare il 40-45% circa del territorio siriano - sostiene Alhakam Afandi - sottraendo terra per lo più all’esercito rivoluzionario”. Secondo i suoi calcoli ai ribelli adesso rimarrebbe non più del 10-15% quando fino a un anno fa avevano in mano il 60% del paese. Nel mentre il governo siriano resta sempre fermo al 40%. Assad, dunque, non avrebbe perso nessun territorio con l’emergere di questi gruppi terroristici che secondo Alhakam combattono contro chi aiuta la rivoluzione ma non contro il regime. Anche se afferma: “Ultimamente stanno cercando di conquistare postazioni del regime di loro interesse, come gli aeroporti militari, per dare stabilità al nuovo califfato”. Per Ramadan le zone del conflitto sono concentrate soprattutto nel nord del paese ad Aleppo, Raqqah, quest’ultima totalmente in mano all’Isis, e a sud a Daraa e a Damasco, nel resto del paese non ci sarebbero combattimenti. Ramadan è da sempre convinto che i ribelli non siano affatto pacifici e che fossero armati sin dal primo momento: “Oggi anche gli Stati Uniti scoprono che esistono i terroristi, lo scopre anche Rai Due che nel dare la notizia della caduta della base aerea siriana in mano ai jihadisti ha (avrebbe) detto 'le forze legittime del governo di Assad perdono posizione davanti ai terroristi'. Tutti scoprono oggi che Bashar Al Assad aveva ragione a contrastare questa gente”.
SU BASHAR AL ASSAD
Per Ouday Ramadan il sostegno al presidente Assad è forte in Siria: “Avrebbe consensi tra il 70 e il 75%”. Mentre per Alhakam Afandi la percentuale è rovesciata.
Entrambi ironizzano sull’ascesa al potere di Bashar, dopo la morte del padre. Era il 2000 quando divenne presidente. Ramadan racconta: “Il parlamento si è riunito subito dopo la morte di Hafez Al Assad per cambiare la costituzione e abbassare l’età di coloro che intendono esercitare la carica di presidente della Repubblica da 40 a 34 anni per permettere a Bashar Al Assad di succedere al padre”. Sempre per Ramadan, Bashar Al Assad avrebbe aspettato troppo ad intervenire quando sono iniziate le proteste: “Per un anno non ha mosso l’esercito. Forse è stato troppo ‘democratico’ perché se avesse soffocato la protesta sul nascere, la Siria tanti problemi non li avrebbe avuti”. “Suo padre ci ha messo 15 giorni per risolvere una situazione simile - sottolinea -. Nel 1982 la rivolta l’ha soffocata sul nascere”. Secondo Ramadan, il governo sarebbe intervenuto massicciamente solo dopo l’attentato kamikaze del luglio 2012 in cui rimasero uccisi il ministro e il viceministro della Difesa e il ministro dell’Interno. Anche se ci sono articoli che riportano di uomini dell’esercito inviati in alcune città per reprimere le rivolte già nell’aprile 2011.
LA SIRIA E LO SCENARIO MEDIORIENTALE
Entrambi concordano che ormai la Siria sia diventata un campo da guerra non solo per i paesi limitrofi ma anche per le potenze e i gruppi terroristici internazionali: "più per il proprio interesse che per quello del popolo siriano". Un attore sicuramente importante nell'area è Israele. Per Ramadan l'interesse dello stato israeliano è legato al fatto che: la Siria ha sempre appoggiato la resistenza palestinese e libanese; che Israele occupa un'intera regione siriana, il Golan, dal 1967; e che sarebbe il primo a beneficiare dall'avere intorno stati fondati sul fondamentalismo e sulla religione. "Il punto - chiarisce Afandi -, è che fino a quando la situazione in Siria era stabile per Israele e gli altri paesi limitrofi andava tutto bene. Da quando non è più così abbiamo: da una parte chi dice di sostenere 'il popolo siriano', l'Europa, l'America, i Paesi del Golfo e la maggioranza di quelli arabi; e dall'altra, chi appoggia il regime, Iran, Iraq, Russia, Cina, Corea del Nord e Venezuela". Schieramenti e alleanze recentemente rimescolate con la nuova offensiva contro l'Isis.
L'ULTIMA VOLTA IN SIRIA...
Tra i due è Ouday Ramadan che va più spesso in Siria. L'ultima volta era metà agosto. Ramadan ha accompagnato in Siria anche delle delegazioni: risale all'agosto del 2013 una visita con alcuni esponenti del Comitato Italia-Siria e del Fronte Europeo per la Siria, un gruppo di estrema destra che appoggia il governo di Assad. La trasferta era legata all'annuncio di un possibile bombardamento americano poi mai avvenuto. Tra gli intenti della delegazione c'era anche quello di fare da scudo umano nei palazzi che erano stati individuati come possibili target. In tutto Ramadan ha fatto quattro viaggi con vari gruppi. Oltre alle visite, il Comitato Italia-Siria organizza anche manifestazioni e incontri indirizzati a "chiunque voglia portare la sua solidarietà alla Siria a prescindere del suo colore politico". L'attività svolta, invece, dalla Comunità Araba Siriana in Italia, a partire dal 2012, a un anno dallo scoppio della rivolta, si è concentrata per lo più nel coordinare e fornire aiuti umanitari al popolo siriano: viveri, indumenti, medicinali.
COSI' LONTANO ...
... COSI' VICINO
Oltre agli aiuti umanitari, l'organizzazione si occupa dei profughi siriani che arrivano con i barconi sulle coste italiane. L'organizzazione scrive sul suo profilo Facebook: “Il flusso dei siriani è in continuo aumento. L’arrivo via mare in Italia dei profughi siriani è iniziato nel 2012. Nel 2013 l’arrivo dei siriani si è intensificato fino ad arrivare ai numeri di oggi. Secondo dati ufficiali forniti dal Ministero dell’Interno, dal 1 gennaio 2014 al 31 agosto 2014 tra i 112.689 migranti arrivati via mare i siriani rappresentano il secondo gruppo più numeroso (23.945), dopo gli eritrei (28.557). Ma la maggior parte di loro non si ferma in Italia”.
A rendere più complicata la situazione dei siriani che vivono e arrivano in Italia c'è il fatto che dal marzo 2012 non c'è più un'ambasciata di riferimento. Da allora i siriani sono costretti a recarsi nella rappresentanza diplomatica ''più vicina aperta in Europa'', ovvero Vienna. La decisione di espellere i diplomatici di Assad era stata presa in contemporanea da Roma, Parigi, Bruxelles, Berlino, Londra e Madrid dopo il massacro di Hula.