Toscana, 24 gennaio 2023 - Sono gli eroi del soccorso nelle zone più impervie, capaci di camminare ore e ore sulla neve, anche di notte. Tutto pur di salvare chi è in difficoltà. Stiamo parlando del soccorso alpino toscano che, forse non tutti lo sanno, è composto in larghissima parte da volontari. “Siamo spinti da un grande senso di altruismo, che ci porta a mettere a disposizione le nostre competenze per aiutare gli altri”, dice Alma Rinaldelli, addetta stampa del soccorso alpino e speleologico Toscana-Sast. Proprio nella notte tra domenica e lunedì abbiamo avuto un esempio di quello che questi coraggiosi volontari riescono a fare. Quattro persone erano rimaste bloccate nella zona del monte Lavane, a Marradi. Ebbene, una squadra del Sast li ha raggiunti in piena notte dopo quattro ore di sentiero impervio, ricoperto da più di un metro di neve.
Ma come si diventa volontari?
“Ci sono dei test d’ingresso e la persona che vuole entrare nel gruppo deve già possedere un curriculum di esperienza in montagna. Dopo un anno di prova, che si snoda tra verifiche su roccia, su neve e vari esercizi di arrampicata, il volontario viene valutato. E se il risultato è positivo diventa operatore di soccorso alpino”.
Come è strutturata la macchina?
“Siamo legati al 118 ed alla protezione civile. Di solito le nostre chiamate passano dal 118. In caso di rischio sanitario, con noi vengono un medico o un infermiere, anch’essi volontari e formati per i soccorsi in ambiente montano impervio. Nella nostra regione siamo 280 volontari, divisi in due delegazioni - oltre alle due delegazioni alpine ( XVII Apuana e XXXIII Appenninica) c'è una delegazione Speleo (la Delegazione III Zona Speleo) - una riferita alla zona apuana ed un’altra a quella appenninica. Sotto il presidente, Stefano Rinaldelli, ci sono i due delegati di zona, che gestiscono le singole stazioni, che coprono una o più province. In caso di bisogno, il 118 attiva il capostazione. Noi, a turno, ci rendiamo reperibili giorno e notte”.
E quando la chiamata arriva?
“Chi in quel momento ha la reperibilità allerta i volontari. Nel minor tempo possibile deve esser composta la squadra, di almeno due persone. Bisogna subito valutare la situazione per partire con l’attrezzatura necessaria, stando attenti ad evitare ogni cosa superflua, che potrebbe esser solo d’intralcio durante il cammino. Ciascun volontario dispone di un’attrezzatura di base. Se andiamo a soccorrere una persona che ha subito un trauma portiamo la barella, altrimenti no. L’altra sera a Marradi non era necessaria e, dunque, non l’avevamo con noi. Nello zaino, invece, non mancano mai i teli termici. Ed un bel thermos pieno di the caldo, un toccasana per chi ha vissuto un’esperienza sicuramente da dimenticare….”.
E appena il malcapitato vi vede arrivare?…
“Difficile descrivere la sua sensazione di gioia, di ritrovata sicurezza. La tensione si scioglie…. Ma dipende dalle singole situazioni. C’è chi in quelle situazioni estreme perde la lucidità, chi si fa prendere dal panico… Tutto sta nel vedere come sono le condizioni fisiche della persona che ha richiesto l’aiuto”.
Oltre agli smartphone, quando vi mettete in cammino avete anche altri strumenti?
“Intanto va detto che negli ultimi tempi i cellulari hanno tante app utilissime: cartografie, navigatori… non manca niente. Noi utilizziamo anche dei gps che comunque non sono immuni al freddo. Per localizzare le persone ci facciamo dare il più possibile informazioni dal 118. Se la persona bisognosa di aiuto non dispone di dati sul telefono perchè non c’è campo, allora viene inviato un sms locator. Basta aprirlo sul proprio dispositivo per essere individuati in modo molto preciso”.