MARISTELLA CARBONIN
Cronaca

Giovane si uccide nella sua cella, tragedia senza fine: nelle carceri italiane quasi dieci suicidi al mese

Prato, un 27enne si è tolto la vita mentre il suo compagno era impegnato in altre attività. È il sessantesimo da inizio anno. I sindacati di polizia penitenziaria: "Bisogna agire subito"

La protesta davanti a un carcere per la situazione drammatica dei detenuti in Italia

La protesta davanti a un carcere per la situazione drammatica dei detenuti in Italia

Prato, 29 luglio 2024 – In quel momento il suo compagno di cella era impegnato in altre attività. Lui era solo quando ha deciso di morire: ha usato una corda rudimentale e si è impiccato. È stato trovato agonizzante attorno alle 19 di sabato da uno degli agenti impegnati nel controllo del reparto di media sicurezza del carcere di Prato. Il ragazzo, 27 anni, è morto poco dopo l’arrivo in ospedale, chiudendo gli occhi su un orizzonte che lo avrebbe visto scontare la pena (era pluripregiudicato per svariati reati, tra cui furti e rapine) fino al 2032. Il giovane detenuto era italiano di origine sinti, proveniva da Viareggio. Sposato, con figli, qualche mese fa non era rientrato in carcere dopo aver usufruito di un permesso, ma poi era stato rintracciato e arrestato.

Fatto sta che è l’ennesima croce, questa, piantata nella pancia di un Paese che non può più ignorare il problema carceri. Veniamo ai numeri, alle vite soffiate via: questo è il sessantesimo suicidio di un detenuto nel corso dell’anno. Stringiamo la lente sulla Dogaia, il carcere pratese: questo è il terzo suicidio in meno di dodici mesi. È la cartina di tornasole di una ‘polveriera’: solo poche ore prima, nella notte tra venerdì e sabato, la Dogaia era stata teatro di una rivolta circa venti detenuti della prima sezione. Neon divelti, vestiti dati alle fiamme, brande di ferro usate dai detenuti per barricarsi. L’intervento della polizia penitenziaria, del direttore reggente e del comandante è stato immediato ma la calma è stata riportata solo dopo ore di trattative. Fino a quanto durerà?

"Occorre metter mano a riforme strutturali che allontanino il pianto dalle nostre carceri", tuona il garante toscano dei detenuti Giuseppe Fanfani. "Nelle carceri italiane il sovraffollamento, per assurdo, diventa marginale. Manca di tutto. Soprattutto – prosegue – manca il rispetto del dettato costituzionale secondo il quale la pena deve rispondere a criteri di umanità e deve tendere alla rieducazione".

La geografia della disperazione. A Firenze solo qualche settimana fa, era avvenuto un altro suicidio: un ragazzo di vent’anni si era tolto la vita a Sollicciano. L’associazione L’altro diritto lo aveva aiutato a presentare un reclamo giurisdizionale ex articolo 35 bis per lamentare le gravi condizioni del carcere: topi, cimici, muffa. E anche a Sollicciano è stata rivolta, il giorno dopo la morte: urla, pezzi di mura lanciate dalle finestre, lenzuoli dati alle fiamme. Se, "il grado di civilizzazione di una società si può misurare entrando nelle sue prigioni", come diceva Dostoevskij, pare sia ancora molto il lavoro da fare. I sindacati di polizia penitenziaria si sgolano, e non da ieri. Donato Nolé, coordinatore nazionale FpCgil polizia penitenziaria, parla di "fallimento del sistema penitenziario italiano", sottolineando l’urgenza di misure efficaci. "Una carneficina mai vista", le parole di Gennarino De Fazio, segretario generale della Uilpa Polizia Penitenziaria.

Il sovraffollamento è la piaga che rende il malato agonizzante: sono 14.500 i detenuti in più rispetto ai posti disponibili e, nel solo 2023, sono stati ben 4.731 i reclusi nei confronti dei quali la magistratura di sorveglianza ha dovuto riconoscere rimedi risarcitori per trattamento inumano e degradante, ricorda De Fazio. E proviamo a leggere il sovraffollamento mettendogli accanto un altro numero: agli organici della Polizia penitenziaria mancano oltre 18mila unità. "Servono provvedimenti efficaci – continua De Fazio – La Presidente del Consiglio batta un colpo". E un appello a Meloni parte anche da Donato Capece, segretario generale del Sappe: "Stiamo vivendo un’estate di fuoco nelle carceri e servono immediatamente provvedimenti risolutivi: espulsioni di detenuti stranieri, invio dei tossicodipendenti in comunità di recupero e psichiatrici nelle Rems o strutture analoghe. Il personale di Polizia penitenziaria è allo stremo".