Ha la sclerosi multipla, le negano il suicidio assistito. “Questa non è vita”, il calvario di una 53enne toscana

La donna, affetta da una forma progressiva della malattia, è adesso in attesa della sentenza della Consulta

Filomena Gallo,  segretaria nazionale dell'Associazione Luca Coscioni e coordinatrice del collegio legale della signora

Filomena Gallo, segretaria nazionale dell'Associazione Luca Coscioni e coordinatrice del collegio legale della signora

Firenze, 10 luglio 2024 –  Una donna 53enne toscana, affetta da sclerosi multipla progressiva, ha fatto richiesta di morte assistita ma, al momento le è stata negata questa possibilità. Torna in primo piano il dibattito sul fine vita su un caso di malattia gravissima: la donna al momento è completamente paralizzata. 

La donna, che per il momento preferisce mantenere l’anonimato, dichiara: “Quando sono venuti a casa a visitarmi i medici sembravano concordare sul fatto che io fossi di fatto già tenuta in vita da trattamenti vitali. Sono assistita 24 ore su 24 dalla mia famiglia e da personale formato che mi aiuta in ogni attività quotidiana, assumo massicce dosi di farmaci e devo essere sottoposta quotidianamente a manovre di svuotamento intestinale. Senza tutti questi ausili io non potrei sopravvivere. Quello che mi avvilisce di più è che la mia esigenza di essere nutrita con la Peg, prescritta dal nutrizionista e prontamente trasmessa all’azienda sanitaria, sia stata del tutto ignorata dalla Usl. Pretendono che io mi sottoponga a un trattamento sanitario invasivo contro la mia volontà per poi poterlo interrompere e ricorrere al suicidio assistito. Tutto questo è crudele e umiliante. Io, a oggi, voglio solo essere libera di scegliere come e quando morire. Perché non posso e non voglio continuare a vivere così. Perché questa non è assolutamente vita”.

In Italia l’eutanasia è illegale ma, grazie alla sentenza 242/2019 della Corte costituzionale, è invece possibile richiedere il suicidio medicalmente assistito, ossia l’aiuto indiretto a morire da parte di un medico. Le condizioni richieste per procedere con questa pratica sono quattro: la persona che ne fa richiesta deve essere pienamente capace di intendere e volere, deve avere una patologia irreversibile portatrice di gravi sofferenze fisiche o psichiche, e deve sopravvivere grazie a trattamenti di sostegno vitale. L’azienda sanitaria di riferimento, l’Usl Toscana Nord-ovest, sostiene che nel caso della 53enne l’ultima condizione imposta dalla sentenza della Corte, non sia soddisfatta. Il trattamento di sostegno vitale, infatti, nonostante sia stato prescritto e dunque sia stato ritenuto necessario, deve essere attivo per potersi dire esistente e, nonostante in questo modo il diritto di rifiutare le cure, costituzionalmente garantito, venga meno, l’Usl ritiene che aver rinunciato alla nutrizione artificiale equivalga di fatto all’assenza del trattamento di sostegno vitale. L’azienda sanitaria informa che manterrà questa posizione ma si dichiara pronta ad adeguarsi se la Corte dovesse pronunciarsi diversamente.

Filomena Gallo, segretaria nazionale dell'Associazione Luca Coscioni e coordinatrice del collegio legale che affianca la 53enne, dichiara: “Stiamo per attivare le vie giudiziarie per le responsabilità in capo all’azienda sanitaria che ha deciso, contro il parere favorevole del Comitato per l’Etica clinica, di non riconoscere la presenza del trattamento del sostegno vitale, rifiutato dalla persona malata perché ritenuto invasivo e fonte di sofferenza inutile, e sta così causando ulteriori rischi e sofferenze”, prosegue, “oggi in Toscana c'è una persona malata pienamente capace di autodeterminarsi, con sofferenze intollerabili determinate da una malattia irreversibile, che corre il rischio di una morte lenta e atroce dovuta a soffocamento ogni volta che mangia o beve e che invece vorrebbe solo morire senza sofferenze”.