Francesco Ingardia
Cronaca

Il carcere scandalo bis, suicida a Le Sughere in attesa di giudizio. “Ennesima vergogna”

A Livorno un 35enne con tre figli si era impiccato il 2 luglio e giovedì è morto. E il 22 giugno scorso un altro detenuto era evaso scavalcando un cancello. Il garante Solimano: “Qui la testimonianza e del degrado e della fatiscenza”

Un carcere (New Press Photo)

Un carcere (New Press Photo)

Livorno, 6 luglio 2024 – Un’evasione e una tentata impiccagione. Detenuti che evadono, detenuti che soccombono. Anche Livorno nella lista nera della "strage senza fine" dei suicidi in carcere. Gli eventi degli ultimi dieci giorni che hanno investito la casa circondariale Le Sughere hanno palesato una volta di più la situazione d’emergenza (nazionale) dietro le sbarre. I fatti, in ordine. Prima di una latitanza lampo terminata col blocco alla stazione Tiburtina a Roma, lo scorso 22 giugno un detenuto 36enne originario della provincia di Napoli è fuggito dal reparto di alta sicurezza dopo essere riuscito ad arrampicarsi sul muro dei passeggi e a scavalcare quello di cinta a lato del cantiere del nuovo reparto, in mancanza del presidio del servizio ‘sentinelle’.

Nella notte tra l’1 e il 2 luglio, un altro detenuto di 35 anni in attesa di giudizio (siciliano, sposato con tre figli) ha tentato di togliersi la vita impiccandosi nella sua cella. Per poi spirare in rianimazione 48 ore dopo in ospedale, divenendo così il 52esimo da inizio anno. Il giovedì nero è proseguito con la vittima numero 53, a Sollicciano, con il suicidio di un 20enne di origine nordafricana con poco più di un anno di pena da scontare - proprio come il caso di Livorno - nel giorno dei tumulti all’interno dell’istituto fiorentino. Marco Solimano, il garante dei detenuti, o meglio, dei diritti delle persone private della libertà personale per Livorno e l’isola di Gorgona, non usa mezzi termini e va dritto al punto. "Un suicidio ogni tre giorni e mezzo: una strage senza fine, un’ecatombe senza precedenti, una situazione drammatica e umanamente sconvolgente".

Come sconvolgente è la fotografia da lui scattata circa le condizioni dei detenuti a Le Sughere: "Livorno è testimonianza amplissima delle concause che risiedono nel degrado e nelle fatiscenze strutturali in cui riversano gli istituti penitenziari italiani. La struttura è al limite del sovraffollamento: 120 detenuti in alta sicurezza, 135 nei due reparti che ospitano quella media (le ex sezioni femminili e di transito), mancano a oggi circa 45 agenti. Se scattano 5-6 arresti in un giorno il carcere non è in grado di assorbirli". Secondo Solimano, servono a ben poco le 19 unità aggiuntive recentemente assegnate a Livorno. Il motivo? "La caserma che ospita gli agenti di polizia penitenziaria è chiusa da 15 anni. Come fa un giovane agente ad accettare l’incarico a Livorno se poi deve accollarsi le spese di vitto e alloggio?".

Ma il danno, oltre la beffa, a Le Sughere è da rintracciare altrove. E al di là "della mensa chiusa, della muffa che emerge dalle pareti, docce in condizioni disastrose, celle in cui vivono anche sei persone , delle telecamere di sorveglianza non funzionanti, di spazi inesistenti per le attività trattamentali come teatro, scuola, l’accesso ai libri e il lavoro, fondamentale per la riabilitazione ", come segnalato dall’onorevole Pd Laura Boldrini dopo la visita alla struttura di giovedì.

Ad avvilire Solimano è la mancata fine-lavori dei padiglioni del reparto di alta sicurezza e del blocco centrale della media, chiusi nel 2011 perché dichiarati inagibili. "Tre mesi fa - rivela Solimano - la ditta ha consegnato i reparti. I lavori sono finiti, ma questi padiglioni non aprono per questioni di natura burocratica e amministrativa che però non conosciamo. Livorno ha diritto di sapere. Gli agenti penitenziari, i detenuti hanno diritto di sapere. Perché non si effettua il collaudo? Con la riconsegna potrebbe finalmente cominciare una storia nuova per il carcere di Livorno, perché a giovare del trasferimento sarebbero quei detenuti di media sicurezza che di fatto uscirebbero dalla condizione di continua emergenza".

Il quadro cambia drasticamente, invece, se dalla terra ferma ci si sposta in Gorgona, “l’isola dei diritti“, l’unica isola carcere in tutta Europa. Il modello dei mode lli che sarebbe opportuno replicare. "Non è possibile purtroppo - conclude Solimano -. Gorgona è una realtà straordinaria, ma unica nel suo genere, per condizioni ambientali, strutturali non trapiantabili sulla terraferma. Quei 90 detenuti incarnano appieno l’articolo 27 della Costituzione incentrato sul trattamento: sull’isola si lavora, beneficiando di spazi aperti, si cura il vigneto, si producono olio e miele, vengono garantiti ai carcerati assunzioni da parte di ditte e realtà sociali-commerciali che hanno interesse a sviluppare sull’isola progetti. Difendiamo Gorgona, ma la realtà carceraria nazionale è tutt’altra cosa. La detenzione va vissuta con dignità tale da consentire di poter superare le scelte moralmente sbagliate del passato al fine di essere reimmessi in società con una nuova dimensione. Fintanto che il carcere verrà inteso (anche dalla nostra classe politica) come un mero spazio contenitivo, faticheremo sempre a comprendere il gesto misterioso, personalissimo ed estremo come quello del suicidio dietro le sbarre, a cui i più fragili inevitabilmente sono più esposti per natura e contesto".